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In Francia approvata la Loi Climat. Gli ambientalisti: molto rumore per nulla

22 Luglio 2021
in APPROFONDIMENTI, ARCHIVI, GOVERNO DEL TERRITORIO, NATURA, NEWS, piani territoriali
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Ieri sera l’Assemblée nationale francese ha approvato definitivamente la Loi Climat et Résilience mentre associazioni e collettivi ambientalisti organizzavano  una manifestazione davanti al Palais Bourbon per denunciare «l’evidente mancanza di ambizione della legge».

Le organizzazioni presenti – Amis de la Terre, Extinction Rébellion, Greenpeace, Notre Affaire à Tous, Réseau Action Climat, Unis pour le climat et la biodiversité, Youth for Climate – hanno dispiegato lo striscione “Un quinquennat perdu pour le climat”, reiferendosi agli anni di governo del presidente francese Emmanuel Macron.

Mentre il disegno di legge presentato da Macron tradiva già la missione affidata ai 150 cittadini del CCC, il 10 febbraio 2021 era iniziato il dibattito parlamentare verso il quale si nutrivano grandi aspettative per modifiche del testo che includessero misure sistemiche e vincolanti per decarbonizzare l’economia francese e avviare davvero la transizione ecologica, nel rispetto della giustizia sociale. Consumare, produrre, lavorare, alloggiare, mangiare, spostarsi e sviluppare il diritto ambientale, questi dovevano essere i pilastri principali di della Loi Climat.

Ma, denunciano gli ambientalisti «in fretta, e nonostante una forte mobilitazione della società civile e il lavoro volontario di diversi deputati durante i dibattiti, dobbiamo affrontare i fatti: mentre le proposte del CCC erano state svuotate della loro sostanza dal governo, la legge sul clima sarà altrettanto scollegata dall’emergenza climatica. 

Il 4 maggio, solo il 10% circa delle misure di 150 cittadini è stato adottato durante il primo voto della Loi Climat et Résilienc all’Assemblée nationale!»

Dopo tutti hanno guardato al Senato che poteva ancora cambiare le cose e il 28 marzo più di 100.000 persone hanno marciato per le strade in tutta la Francia per chiedere una legge più ambiziosa. 

Poche settimane dopo, il 9 maggio erano state  organizzate più di 160 marce in tutto il Paese.

Il 29 giugno il Senato aveva votato un testo che, nonostante qualche piccolo progresso, bloccava di fatto la rodmap proposta della CCC. 

Nella notte tra il 12 e il 13 luglio i parlamentari hanno concordano il testo definitivo che è stato votato il 20 luglio dalle due camere e dal quale emerge chiaramente l’immenso  gap tra l’ambizione delle misure proposte dai 150 cittadini e il testo finale.

In una nota congiunta gli ambientalisti spiegano che «questa legge tanto attesa ha compiuto l’impresa di ottenere la contrarietà all’unanimità della società civile a causa della debolezza delle sue misure di strutturazione. 

Se Emmanuel Macron aveva annunciato di voler adottare senza filtri, con l’eccezione di tre “jokers”, le 146 misure proposte dalla Convention citoyenne pour le climat (CCC), è chiaro che il divario tra l’ambizione delle misure proposte da 150 cittadini e il testo finale è immenso. 

Allo stato attuale, questa legge non consentirà alla Francia di rispettare il percorso per una riduzione del 40% delle emissioni di gas serra entro il 2030, come ricordato dal Conseil économique, social et environnemental, dall’Haut Conseil pour le climat e dal Conseil national de la transition écologique. 

Anche questo obiettivo è già obsoleto in un momento in cui l’Unione Europea ha appena adottato un percorso del -55%, di per sé insufficiente per restare al di sotto della soglia dei +1,5°».

Gli ambientalisti francesi sottolineano che mentre in Europa infuria il maltempo mortale e in Canada e negli Stati Uniti vengono battuti i record di caldo, «questi eventi meteorologici estremi devono ricordarci che non è più il momento di accontentarsi dei piccoli passi. 

La debolezza della legge votata oggi è indice della mancanza di coraggio politico e delle molteplici rinunce del governo e di Emmanuel Macron lungo tutto il suo quinquennio per rispondere all’emergenza climatica, ma anche alle esigenze di giustizia sociale. 

Questo è anche il senso delle recenti decisioni legali, in particolare quella del Consiglio di Stato nella vicenda Grande-Synthe che ha ordinato allo Stato di agire entro 9 mesi per riportare il Paese sulla giusta traiettoria climatica».

Greenpeace France attacca duramente: «False promesse, disprezzo per il processo democratico avviato, mancanza di ambizione e realismo di fronte all’emergenza climatica, questo è un buon riassunto della storia della Loi Climat et résilience.

Dalla pubblicazione del rapporto dei 150 della Convention citoyenne pour le climat, fino alla votazione finale del testo all’Assemblée nationale questo 20 luglio 2021, la montagna ha partorito un topolino verde».

Per Jean-François Julliard, direttore di Greenpeace Franca,  «questa legge sul clima rimarrà rivelatrice del cinismo climatico del governo e di Emmanuel Macron che ne segnerà il quinquennio. 

Agli annunci in pompa magna e alle promesse ai cittadini e alle cittadina della Convention pour le climat hanno fatto seguito successive deroghe e piccoli accordi con le lobby.

Mentre il Conseil d’Etat ha appena ordinato allo Stato di agire entro 9 mesi per riportare il Paese sulla retta via climatica e l’Haut Conseil pour le climat ha denunciato ancora una volta il ritardo della Francia, questa legge è l’occasione mancata per innalzare davvero l’asticella, promuovendo misure strutturanti e socialmente giuste».

Secondo Pierre Cannet, direttore legale del Wwf France, «mentre la Commissione europea ha appena presentato le sue proposte per aumentare gli obiettivi climatici, con la sua nuova legge sul clima la Francia sembra essere in ritardo. 

Nonostante alcune vittorie simboliche, come il divieto tardivo di pubblicità sui prodotti inquinanti, il prestito mobilità zero o i menù vegetariani nelle mense, siamo ancora lontani dal traguardo.

La legge ignora diverse questioni chiave, inclusa la responsabilità ambientale delle imprese. 

Dopo più di due anni di dibattiti e l’investimento di 150 cittadini, questo testo ci lascia con una sensazione di occasione sprecata. 

Dobbiamo andare molto più veloci nella transizione con misure più strutturali!».

Il presidente della più grande coalizione ambientalista francese, Arnaud Schwartz di France Nature Environnement, ha commentato:  «Deregulation climatica, ci siamo: temperature record in Nord America e Siberia, carestia in Madagascar, disastri naturali in Francia…. 

Parafrasando Jacques Chirac: la nostra casa è già in fiamme da 19 anni e i nostri parlamentari continuano a guardare altrove. 

La debolezza del testo adottato oggi è un’onta rispetto alle sfide che dobbiamo affrontare.

Chiediamo solennemente al Presidente della Repubblica, al Governo e ai nostri deputati e senatori di fare della salvaguardia dell’ambiente e della lotta ai cambiamenti climatici la priorità nazionale e internazionale che dovrebbe essere, e di impegnare i mezzi e i cantieri per mantenere le loro promesse».

Il presidente di Amis de la Terre, Khaled Gaiji, attacca direttamente le scelte economiche: «La Loi climat ha creato un regime di esenzione per Amazon, esentata  da qualsiasi vincolo sull’artificializzazione. 

Per quanto riguarda i fertilizzanti azotati sintetici, mentre l’agricoltura sta subendo tutto il peso dei danni causati dalla crisi climatica a cui stanno contribuendo, la legge sul clima non contiene alcuna misura strutturale. 

Il governo pretende di essere l’antitesi dell’ecologia punitiva, ma soprattutto ci rendiamo conto che gli unici interessi che la sua visione dell’ecologia favorisce sono quelli delle multinazionali».

La pensa così anche Alexandre Poidatz, esperto finanziario di Oxfam France: «Mentre lo Stato è già stato condannato per inerzia climatica, la Loi Climat et Résilience è un enorme casino che non permetterà alla Francia di tornare sulla strada giusta. 

Dal 2017, il divario tra i discorsi di Emmanuel Macron sull’emergenza climatica e le azioni a livello nazionale si è solo ampliato. 

La legge finale ignora in particolare i principali responsabili del riscaldamento globale, le multinazionali. 

Il governo e i politici eletti si sono sistematicamente rifiutati di includere l’obbligo per le grandi aziende di pubblicare una traiettoria per ridurre la loro impronta di carbonio. 

Tuttavia, un tale obbligo avrebbe rafforzato la resilienza delle aziende promuovendo al contempo una transizione più equa».

Anche per Cécilia Rinaudo, coordinatrice di Notre Affaire a Tous, «la la Loi Climat et Résilience è una profonda delusione, mentre la responsabilità dello Stato per l’inerzia di fronte al cambiamento climatico viene riconosciuta da un giudice e le conseguenze di questo cambiamento sono visibili ovunque in Europa, il governo si accontenta una volta di più di misure simboliche. 

Questo testo, rimettendo in discussione nozioni come l’ecocidio o l’artificializzazione dei suoli, risulta inadeguato all’emergenza climatica e sociale che stiamo vivendo; così com’è, non garantisce alle generazioni future il diritto a un ambiente sano».

Samuel Leré, della Fondation Nicolas Hulot, conclude: «Mentre la Francia è stata condannata per inerzia climatica dai tribunali amministrativi e in tutto il mondo gli effetti del cambiamento climatico stanno aumentando, senatori e deputati hanno scelto di votare una legge cosmetica che non cambierà nulla o quasi nel ritardo accumulato dalla Francia per ridurre le sue emissioni di gas serra. 

Questa legge obbliga il prossimo Presidente della Repubblica a intensificare gli sforzi per affrontare la sfida climatica».

Ed è più che evidente che gli ambientalisti francesi si augurano che il prossimo presidente non sia Emmanuel Macron.

(Articolo pubblicato con questo titolo il 21 luglio 2021 sul sito on le “greenreport.it”)

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