Arrivano dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (CSLLPP) nuovi chiarimenti in merito agli interventi di ristrutturazione con demolizione e ricostruzione con diversa sagoma e volume in zone vincolate.
Il nuovo parere dell’11 agosto 2021 riguarda un dubbio avanzato dal Comune di Bassano del Grappa, insieme ad altri Comuni limitrofi.
Il Comune ha chiesto chiarimenti in ordine alla corretta interpretazione della modifica normativa apportata dal Decreto Semplificazioni 2020 all’art. 3 comma 1) lett. d) al dpr n. 380/2001, anche alla luce della circolare del 2 dicembre 2020 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Ministero della Pubblica Amministrazione, nonché della nota interpretativa del CSLLPP dell’8 luglio 2021 prot. n. 6865.
In particolare, si chiede di specificare meglio l’ambito di applicazione della tipologia di intervento “ristrutturazione mediante demo-ricostruzione” (che nella definizione del dpr n. 380/2001 comprende anche modifiche alla sagoma, al sedime, ai prospetti ed al volume preesistente) per gli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (dlgs n. 42/2004), in considerazione della recente modifica normativa introdotta dalla legge Semplificazioni all’art. 3, lettera d) del dpr n. 380/2001.
Le novità apportate all’art.3 del DPR 380/2001
L’art. 3, comma 1, lettera d), del DPR 380/2001, per come modificato dall’art. 10, comma 1, lettera b), della Legge 120/2020 ha ricompreso fra gli interventi di “ristrutturazione edilizia” anche quelli di “demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, (…)”.
La norma pone, però, un limite a tale previsione per alcuni tipi di immobili, fra cui quelli “sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42” per i quali “gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria”.
Differenza tra beni culturali e beni paesaggistici
Premesso quanto sopra, in merito alla richiesta menzionata il CSLLPP osserva che il Codice dei beni culturali e del paesaggio è finalizzato alla tutela e valorizzazione di due tipi di beni: da un lato i beni culturali, cui è dedicata la Parte II del Codice e, dall’altro, i beni paesaggistici cui, invece, è dedicata la Parte III del Codice.
Si tratta di beni con caratteri distintivi diversi cui corrispondono distinte procedure di tutela e distinte competenze in materia: i primi si sostanziano in beni mobili e immobili, i secondi in beni immobili ed aree.
Venendo all’interpretazione in esame, appare del tutto evidente che non sia possibile riferire un’attività di “demolizione e ricostruzione” a beni immobili tutelati ai sensi della Parte II del citato Codice dei beni culturali e del paesaggio (i c. d. beni culturali), atteso che la tutela include anche la consistenza materiale del bene e che, comunque, qualsiasi intervento concernente tale tipo di beni, anche se parzialmente demolitivo e/o ricostruttivo, si qualifica come “restauro” e non come “ristrutturazione edilizia” e deve sempre essere autorizzato dalla Soprintendenza competente per territorio.
Per quanto attiene, invece, i beni paesaggistici, questi si sostanziano in immobili ed in aree indicati all’art. 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
In questo caso la competenza autorizzatoria nei confronti degli interventi su tali beni ricade in capo alle Regioni, che la esercitano direttamente o per delega ai Comuni, previo parere della Soprintendenza competente per territorio.
In tal senso, si ritiene che dovrebbero essere esclusi dall’applicazione estensiva del citato art. 3, comma 1, lett. d), del DPR 380/2001, i beni elencati all’art. 136 e quelli ricompresi nei Piani paesaggistici di cui all’art. 143.
Un’interpretazione più restrittiva porterebbe ad escludere l’applicazione estensiva dell’art. 3, comma 1, lett. d), del DPR 380/2001.
Rileva, in tal senso, la considerazione che se il legislatore avesse voluto distinguere fattispecie differenti non avrebbe fatto generico riferimento al Codice dei beni culturali e del paesaggio, ma avrebbe indicato, con precisione, la fattispecie oggetto di limitazione, facendo ad esempio riferimento alla Parte III dello stesso.
La materia de qua non può, tuttavia, prescindere da un coinvolgimento del Ministero della cultura, dicastero con competenza esclusiva sulla tutela dei beni culturali e concorrente con le Regioni sui beni paesaggistici.
Per gli immobili sottoposti a vincolo paesaggistico sì alla ristrutturazione con demolizione e ricostruzione
In definitiva si ritiene che per immobili il cui vincolo risiede nell’essere inseriti in aree sottoposte a vincolo paesaggistico (Parte III del Codice) – sebbene privi di riconosciuto valore storico, artistico o architettonico intrinseco – sia consentito intervenire anche attraverso demolizione e ricostruzione classificabili nella “ristrutturazione edilizia”, che nella definizione del D.P.R. 380/2001 comprende anche modifiche alla sagoma, al sedime, ai prospetti ed al volume preesistente.
Tali interventi vanno, tuttavia, sempre inquadrati all’interno di specifiche previsioni regolamentari proprie degli strumenti urbanistici comunali e sono da sottoporre, comunque, al rilascio di nulla osta da parte delle Amministrazioni competenti per la tutela del vincolo.
(Articolo pubblicato con questo titolo il 27 agosto 2021 sul sito online “Casa&Clima”)
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Richiesta di chiarimenti del Comune di Bassano del Grappa
Chiarimenti del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici
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N.B. – I beni paesaggistici non si sostanziano negli immobili e nelle aree indicate esclusivamente all’art. 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, ma anche nelle aree relative ai cosiddetti “beni diffusi” e tutelate per legge ai sensi dell’art. 142 del D.Lgs. n. 42/2004 (vedi ad esempio le costruzioni realizzate dentro la fascia di rispetto dei 150 metri dei fiumi).
Le amministrazioni competenti per la tutela del vincolo rilasciano “nulla osta” ad opera delle Soprintendenze solo in caso di “beni culturali” (art. 22 del D.Lgs. n. 42/2004), mentre in caso di “beni paesaggistici” rilasciano “autorizzazioni paesaggistiche” ad opera delle Regioni o per delega ai Comuni, previo parere vincolante della Soprintendenza competente per territorio (art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004).
I chiarimenti forniti dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici non hanno comunque valenza giuridica e danno una “interpretazione” del tutto contraddittoria e soprattutto in violazione di quanto prescrive in modo inequivoco l’ultimo periodo della lettera d) del 1° comma dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001, ai sensi del quale – in caso di immobili vincolati sia come “beni culturali” che come “beni paesaggistici” – “gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria”.
Nel rispetto della suddetta disposizione, in caso di presentazione di progetti in zone vincolate con demolizione e ricostruzione con diversa sagoma le Soprintendenze competenti per territorio dovranno esprimere sempre un parere vincolante negativo e le Regioni o i Comuni subdelegati non potranno rilasciare “autorizzazioni paesaggistiche”.
Dott. Arch. Rodolfo Bosi
Arch. Bosi,
In primis va sottolineato che la possibilità di intervenire mediante demolizione e ricostruzione non è preclusa a prescindere per qualsiasi immobile ricadente in area di vincolo paesaggistico; lo è semmai laddove la normativa urbanistica vigente non preveda interventi di nuova costruzione nella predetta area, per cui “l’invito” alle Soprintendenze ed alle Amministrazioni a dissentire tali interventi è inattuabile. Inoltre, dovrebbe valutare che le aree soggette a vincolo paesaggistico in Italia sono dense di immobili privi di qualunque qualità architettonica, risalenti spesso agli anni ‘60/‘70/‘80 quando tali vincoli non erano in vigore o lo erano solo in parte; questi manufatti deturpano il paesaggio e, in assenza della concessione a procedere con interventi di Nuova Costruzione, dovrebbero essere mantenuti identici per sagoma prospetto e sedime. Il paradosso è quindi una sorta di vincolo avverso, finalizzato al mantenimento di edifici BRUTTI per un intricato ed immotivato sovrapposto normativo.
Al contrario, ben venga un’apertura a procedere come stabilito dai Lavori pubblici perché proprio le aree soggette a vincolo paesaggistico, per il loro pregio e la loro bellezza, devono essere incentivate alla rigenerazione attraverso interventi di qualità e sostenibili economicamente per i committenti. Ciò non lede in alcun modo la tutela del Paesaggio, garantita a norma di Legge dalle Soprintendenze che detengono comunque discrezionalità ed autonomia nell’espressione di parere vincolante caso per caso.
Mi trovo in completo accordo con quanto esposto da Enrico Gobbo