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Giorgia l’Africana. Gas e petrolio: dalla dipendenza dalla Russia a quella dall’Algeria?

25 Gennaio 2023
in APPROFONDIMENTI, ARCHIVI, GOVERNO DEL TERRITORIO, NATURA, NEWS, piani territoriali
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La visita del presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni nella Repubblica Democratica Popolare di Algeria del 22 e 23 gennaio, dove ha incontrato il contestatissimo presidente algerino Abdelmadjid Tebboune, è stata presentata come una specie di svolta assoluta nel posizionamento energetico dell’Italia che non solo risolverà definitivamente la nostra dipendenza dai rifornimenti di energia fossile dalla Russia ma trasformerà – parole della Meloni – l’Italia in un hub energetico dell’intera unione Europea.

La nostra presidente del Consiglio ha presentato la sua missione algerina – preceduta e accompagnata dagli emissari ENI, sempre più il vero ministero degli esteri italiano – come una svolta rispetto alle politiche energetiche neocolonialiste del passato in Africa e come un nuovo impegno italiano anche nel campo delle energie rinnovabili.

E’ proprio così?

A leggere gli stessi comunicati emessi dall’Eni nell’occasione sembra proprio di no.

Se politicamente è da evidenziare che per sfuggire alla morsa energetica della democratura russa di Vladimir Putin  ci abbracciamo ancora più strettamente al regime autoritario algerino con grandi strette di mano e sorrisi soddisfatti con Tebboune, un presidente eletto in elezioni alle quali ha partecipato il 10% degli algerini mentre il 90% le ha boicottate per protesta contro un governo che ritengono corrotto e autoritario. 

Per quanto riguarda la “nuova” presenza italiana nel campo energetico algerino, è la stessa Eni a ricordare che l’Italia è da tempo molto attiva nell’Oil & Gas algerino: «Siamo presenti dal 1981 nel Paese che sta diventando il primo fornitore di gas per l’Italia con una produzione equity di 100.000 barili di petrolio equivalente al giorno, Eni è la principale compagnia internazionale del Paese».

Ieri ad Algeri l’Amministratore Delegato di Eni, Claudio Descalzi, e l’Amministratore Delegato di Sonatrach, Toufik Hakkar, hanno firmato  – di fronte alla Meloni e a Tebboune accordi strategici che delineano non solo «futuri progetti congiunti in materia di approvvigionamento energetico, transizione energetica e decarbonizzazione», ma hanno ripreso anche vecchi progetti di gasdotti Algeria – Italia – Come il GALSI che collegherebbe l’Algeria alla Sardegna e poi a Piombino, dove già il sindaco di Fratelli d’Italia contesta il rigassificatore –   che erano stati messi in un cassetto perché non più al passo dei tempi e in netta contraddizione con quanto previsto dall’Accordo di Parigi sul clima.

Accordi che non solo confermano la nostra dipendenza energetica dall’estero (e rivelano quanto sia ridicola la politica autarchica di estrarre qualche metro cubo di gas nei nostri mari – ma evidenziano che l’Italia sarà l’hub europeo di energia fossile/rinnovabile che da russa diventa africana.

Il think tank italiano per il clima Ecco si chiede: «Ma come è possibile, nel breve periodo, garantire l’approvvigionamento di gas senza fare ricorso a nuova produzione e nuove infrastrutture incompatibili con gli obiettivi climatici?

Nel corso del 2022, imprese e cittadini italiani hanno ridotto la domanda di gas del 9%, risparmiando circa 7 miliardi di metri cubi (mmc), equivalenti a un quarto delle importazioni russe.

Meglio ha fatto in media l’Europa, con un taglio dei consumi del 12% secondo le prime stime del centro studi Bruegel.

Questo percorso virtuoso deve ora accelerare nel solco del pacchetto europeo RepowerEU, con un potenziale di riduzione dei consumi europei di gas fino al 40% nel 2030.  

Per farlo, è necessario dare priorità ad alcune scelte sia sul fronte domestico che su quello esterno.

A livello nazionale, occorre rendere strutturali i risparmi raggiunti nel 2022, aumentare la spinta sulle rinnovabili (12 GW di rinnovabili l’anno da obiettivo del Ministro Pichetto), ma soprattutto aumentare l’efficienza energetica – grande assente finora – degli edifici e dell’industria in linea con i nuovi obiettivi europei.  

Secondo le proiezioni di ECCO, queste azioni permetterebbero di sostituire l’80% del gas russo nei prossimi due anni.

La revisione del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, la cui prima bozza è attesa a giugno, dovrebbe contenere questi obiettivi settoriali, definire le politiche abilitanti e adottare un sistema di monitoraggio.  

Il gas rimanente da compensare deriverebbe da un aumento delle importazioni dalle infrastrutture esistenti, senza quindi la necessità di fare ricorso a nuova produzione nazionale o nuovi rigassificatori e gasdotti (lo stesso vale per l’Europa che si muove nella stessa direzione). 

All’interno di questo schema, il gas algerino può quindi giocare un ruolo chiave ma a condizioni ben precise.

L’aumento delle importazioni dall’Algeria sarà infatti necessario solo per un lasso limitato di tempo, visto il rapido calo della domanda di gas in Italia e in Europa». 

Ma non è esattamente quello che prevede il rinnovato accordo strategico Algeria-Italia al quale non manca naturalmente un tocco di greenwashing aziendal-istituzionale: «Attraverso questi accordi, Eni e Sonatrach identificheranno opportunità per la riduzione delle emissioni di gas serra e di gas metano, definiranno iniziative di efficienza energetica, sviluppo di rinnovabili, produzione di idrogeno verde e progetti di cattura e stoccaggio di anidride carbonica, a supporto della sicurezza energetica e allo stesso tempo per una transizione energetica sostenibile.

Inoltre, le società condurranno studi per individuare possibili misure di miglioramento della capacità di export di energia dall’Algeria verso l’Europa». 

Tutto bene, soprattutto il previsto recupero dell’inquinantissimo gas flaring – ma molto futuristico e ipotetico, tutto ancora da progettare e fare – salvo gli impianti fotovoltaici già realizzati e quello da realizzare –  ma la sostanza restano il gas e il petrolio.

Soprattutto il gas che arriverà in Italia con il gasdotto per la Sardegna e trasformato in GNL per rifornire i nuovi rigassificatori di Piombino e di Ravenna.

Descalzi, ha commentato: «Questi accordi testimoniano il nostro impegno nel garantire la sicurezza degli approvvigionamenti di energia all’Italia, perseguendo al contempo i nostri obiettivi di decarbonizzazione.

La partnership tra Italia e Algeria oggi è ulteriormente rafforzata ed è confermato il ruolo chiave dell’Algeria come uno dei principali fornitori di energia dell’Europa.

La partnership tra Italia e Algeria oggi è ulteriormente rafforzata ed è confermato il ruolo chiave dell’Algeria come uno dei principali fornitori di energia dell’Europa».

Descalzi e  Hakkar, hanno firmato accordi strategici che delineano i futuri progetti congiunti in materia di approvvigionamento energetico, transizione energetica e decarbonizzazione che erano già stati preparati dagli sherpa dell’Eni nei continui contatti con il regime algerino.

In un comunicato congiunto si legge che «le società condurranno studi per individuare possibili misure di miglioramento della capacità di export di energia dall’Algeria verso l’Europa. 

Inoltre, Eni e Sonatrach identificheranno opportunità per la riduzione delle emissioni di gas serra e di gas metano, definiranno iniziative di efficienza energetica, sviluppo di rinnovabili, produzione di idrogeno verde e progetti di cattura e stoccaggio di anidride carbonica, a supporto della sicurezza energetica e allo stesso tempo per una transizione energetica sostenibile».

Ma, al netto delle promesse green,  quel che a leggere i giornali e a sentire i telegiornali sembra quasi sia una novità assoluta è invece prassi fossile già in atto sul campo.

Come spiega Eni: «Per contribuire al soddisfacimento della domanda del mercato europeo, a ottobre 2022 abbiamo avviato due campi a gas relativi a Berkine Sud, a soli 6 mesi dall’assegnazione del contratto, attraverso uno sviluppo accelerato (fast track).

La sua produzione risulta attualmente di 1 milione di standard metri cubi al giorno di gas (MSm3/d) circa e 4 mila barili al giorno di liquidi associati. 

A novembre 2022, inoltre, abbiamo avviato un ulteriore campo del giacimento a olio, nella concessione di Zemlet el Arbi nel bacino del Berkine Nord, che sta attualmente producendo 10.000 barili di olio al giorno (bod).

In accordo con la nostra strategia volta ad affrontare le sfide dell’attuale mercato energetico, il 7 settembre 2022 abbiamo acquisito le attività di BP sul territorio, dove opereremo due nuovi importanti giacimenti a gas e liquidi associati, In Amenas e In Salah.

Con questa operazione contribuiamo ulteriormente a soddisfare il fabbisogno europeo di gas, oltre a rafforzare la nostra presenza nel Paese con l’ampliamento del nostro portafoglio di asset.

Il 15 luglio 2022 l’Algeria ha annunciato che fornirà 4 miliardi di metri cubi di gas in più all’Italia, a partire dalla seconda metà di luglio 2022».

Quando la Meloni è arrivata ad Algeri, tutto era già su una tavola imbandita di gas e petrolio: «A luglio 2022 Eni e Sonatrach hanno annunciato una ulteriore scoperta nella concessione di Sif Fatima II, situata nel bacino del Berkine Nord nel deserto algerino.

Il pozzo esplorativo Rhourde Oulad Djemaa Ouest-1 (RODW-1) ha portato alla scoperta di petrolio e gas associato nelle arenarie del Triassico del giacimento del Tagi.

Durante il test di produzione, il pozzo ha prodotto 1.300 barili al giorno di petrolio e circa 2 mmscfd di gas associato – scrive Eni – Nello stesso mese abbiamo firmato con Sonatrach, Oxy e TotalEnergies un nuovo PSC per i blocchi 404 e 208 in Algeria.

Questi blocchi sono localizzati onshore, sempre nel prolifico bacino del Berkine. 

Il contratto consentirà anche la futura valorizzazione di quantità significative di gas associato che potrebbero diventare disponibili per l’esportazione, contribuendo alla diversificazione delle forniture di gas all’Europa.

Le nostre attività di esplorazione e produzione in Algeria sono regolate da contratti di Production Sharing Agreement (PSA) e di concessione.

L’attività è concentrata nel deserto di Bir Rebaa, nell’area centro orientale del Paese, in diversi blocchi di esplorazione e sviluppo operati da Eni.

Inoltre, partecipiamo nei blocchi non operati 404 e 208 con una quota del 12,25%.

Nel 2021 abbiamo firmato diversi accordi con Sonatrach nell’ambito dell’esplorazione e produzione, ricerca e sviluppo e decarbonizzazione.

In particolare, ci concentriamo nel rilancio delle attività di esplorazione e sviluppo nella regione del bacino del Berkine, anche attraverso la realizzazione di un hub di sviluppo del gas e del petrolio in sinergia con le installazioni esistenti di MLE-CAFC.

A marzo 2022 è stata ratificata l’assegnazione di un nuovo PSC nel prolifico bacino del Berkine South (Eni 49%, operatore), mentre ad aprile, facendo leva sulle consolidate relazioni con il Paese, abbiamo definito un accordo quadro finalizzato a rafforzare le operazioni congiunte nel settore con l’obiettivo di aumentare i flussi di export di gas naturale verso l’Europa».

E tanto per capire chi da veramente le carte politiche italiane in Algeria e fissa così la strategia energetica in Italia, Eni ricorda che «l’Algeria è uno dei Paesi chiave per l’import di gas e questa decisione si inserisce in un contesto di radicati legami storici con il Paese.

Ad aprile 2022 l’Amministratore Delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha incontrato ad Algeri il Primo Ministro algerino, Aymen Benabderrahmane e il Ministro dell’Energia, Mohamed Arkab, per fare il punto sulle attività della società in Algeria, sui progetti futuri e per discutere dei temi legati all’attuale crisi energetica».

(Articolo di Umberto Mazzantini, pubblicato con questo titolo il 24 gennaio 2023 sul sito online “greenreport.it”)

 

 

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