Ieri, intervistato da Lucia Annunziata nella trasmissione di RAI 3 “Mezz’ora in più”. l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte (Movimento 5 Stelle) ha detto che nel 2018 il suo governo non ha varato alcun condono edilizio su Ischia per la ricostruzione post terremoto.
Ma il presidente di Legambiente Stefano Ciafani ribatte che «é vero l’esatto contrario.
Il condono c’è ed è nell’ultima frase del primo comma dell’articolo 25 del Decreto Genova.
Quella frase stabilisce che le pratiche di sanatoria inevase fino ad allora vengono giudicate in base al condono Craxi del 1985, rendendo possibile il condono di edifici costruiti in aree a rischio sismico e idrogeologico, sanatoria che invece era vietata coi condoni successivi di Berlusconi varati nel 1994 e nel 2003.
Quattro anni fa Legambiente, insieme a diverse realtà e rappresentanti dei costruttori, dei lavoratori edili, dei comuni colpiti dal sisma, degli architetti e dei geologi, degli studenti e di varie associazioni della società civile, chiese all’esecutivo Conte 1 e ai parlamentari di maggioranza di M5S e Lega un’assunzione di responsabilità, perché questa sanatoria avrebbe messo in pericolo le persone che sarebbero tornate a vivere in case ricostruite con i soldi pubblici in aree pericolose.
Il nostro appello è rimasto inascoltato e la legge di conversione del decreto fu approvata grazie al voto favorevole dei due partiti dell’allora maggioranza, a cui si aggiunse il sì di FDI e l’astensione di Forza Italia».
Legambiente fa un esempio esplicativo: «Una casa di Casamicciola realizzata abusivamente nel 2000 in una zona a rischio non poteva essere sanata col condono Berlusconi del 2003.
Grazie al decreto Genova del governo Conte 1 è diventata sanabile e ricostruibile coi soldi pubblici».
La presidente di Legambiente Campania, Mariateresa Imparato, aggiunge: «Con quel condono inserito nel decreto Genova è stata premiata l’illegalità perché si è data la possibilità di condonare edifici abusivi in aree a rischio nell’isola ischitana.
Una decisione scellerata.
Invece di condonare, il nostro Paese deve finalmente dare seguito alle ordinanze di demolizione che non sono ancora state eseguite nel 67% dei casi.
Gli abusi edilizi, grandi e piccoli, vanno combattuti con le ruspe, perché la priorità deve essere quella di garantire la legalità, la sicurezza dei cittadini e la messa in sicurezza del territorio».
Dal dossier “Abbatti l’abuso” di Legambiente sulle mancate demolizioni edilizie nei comuni italiani, emerge con chiarezza un’Italia spaccata in due: «Eloquente il dato nazionale: sulla base delle risposte complete date dai 1.819 comuni (su 7.909) al questionario di Legambiente, nella Penisola dal 2004, anno dell’ultimo condono, al 2020 è stato abbattuto solo il 32,9% degli immobili colpiti da un provvedimento amministrativo, un dato “trainato” dall’attività degli enti locali delle regioni del Centro Nord.
Bene Veneto e Friuli-Venezia Giulia che, nella classifica per numero di ordinanze di demolizioni eseguite, superano entrambe il 60%, seguite da Valle d’Aosta (56,3%), Provincia autonoma di Bolzano (47%), Lombardia (44,2%).
Poi ci sono Piemonte, Liguria e Toscana che dichiarano di aver demolito almeno il 40% degli immobili o degli interventi abusivi colpiti da ordinanza di abbattimento.
Male, invece, il Sud Italia che, a parte la Basilicata con un 26% delle ordinanze di demolizioni eseguite, vede la Puglia piazzarsi in fondo alla classifica con un misero 4%, preceduta dalla Calabria (11,2%), dalla Campania (19,6%), dalla Sicilia (20,9%) e dal Lazio (22,6%).
Da ricordare sugli abbattimenti su Ischia, l’operato del magistrato Aldo De Chiara molto impegnato per il ripristino della legalità sull’isola e oggetto di minacce».
All’ex presidente del consiglio Giuseppe Conte, Legambiente ricorda le proposte che avanzò nel novembre 2018 – quando il decreto Genova era approdato al Senato – insieme ad altre realtà (Associazione nazionale costruttori edili, Cgil, Cisl, Uil, Fillea-Cgil, Filca-Cisl, Feneal-Uil, Anci Marche, Consiglio Nazionale Architetti, Coord. Enea Flc-Cgil, Accademia Kronos, Libera, Rete della Conoscenza, Sigea-Società Italiana di Geologia Ambientale e Symbola), per chiedere l’abolizione della norma salva abusi:
Eliminare dall’articolo 25 del Decreto Genova la frase finale “per la definizione delle istanze di cui al presente articolo, trovano esclusiva applicazione le disposizioni di cui a Cap. IV e V della legge 28 febbraio 1985, n.47”.
L’esigenza di accelerare la valutazione delle pratiche di condono presentate nel 1985, 1994, 2003 può essere soddisfatta dalla già prevista assunzione di personale nei tre Comuni coinvolti, per i quali deve essere garantita che abbiano la necessaria competenza e quindi siano architetti, ingegneri, geometri, geologi.
Sostituire all’articolo 39-ter del Decreto Genova la data di agosto 2016, per cui è possibile sanare gli abusi, con i termini fissati dall’ultimo condono del 2003.
L’esigenza di sanare alcuni interventi che vengono definiti “vecchi e limitati” per dare un’accelerata alla ricostruzione sarebbe ampiamente soddisfatta.
Coloro che negli ultimi 13 anni hanno realizzato abusi edilizi non meritano certamente un premio.
Prevedere nella Legge di Bilancio risorse per i Comuni destinate all’assunzione temporanea di personale tecnico per smaltire le pratiche di condono ancora aperte.
Ma alla fine il condono del governo giallo-verde M5S-Lega fu approvato.
(Articolo pubblicato con questo titolo il 28 novembre 2022 sul sito online “greenreport.it”)
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DECRETO-LEGGE 28 settembre 2018, n. 109
Disposizioni urgenti per la citta’ di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze.
Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 16 novembre 2018, n. 130
Art. 25
Definizione delle procedure di condono
1. Al fine di dare attuazione alle disposizioni di cui al presente
decreto, i Comuni di cui all'articolo 17, comma 1, definiscono le
istanze di condono relative agli immobili distrutti o danneggiati dal
sisma del 21 agosto 2017, presentate ai sensi della legge 28 febbraio
1985, n. 47, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e del
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con
modificazioni, dalla legge 23 novembre 2003, n. 326, pendenti alla
data di entrata in vigore del presente decreto. Per la definizione
delle istanze di cui al presente articolo, trovano esclusiva
applicazione le disposizioni di cui ai Capi IV e V della legge 28
febbraio 1985, n. 47.
2. I comuni di cui all'articolo 17, comma 1, provvedono, anche
mediante l'indizione di apposite conferenze dei servizi, ad
assicurare la conclusione dei procedimenti volti all'esame delle
predette istanze di condono, entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore della legge di conversione del presente decreto.
3. Il procedimento per la concessione dei contributi di cui al
presente decreto e' sospeso nelle more dell'esame delle istanze di
condono e la loro erogazione e' subordinata all'accoglimento di dette
istanze.
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