Secondo la Global Soil Partnership della Fao, «ci sono più organismi in un grammo di suolo sano che persone sulla Terra.
Il 95% del nostro cibo proviene dal suolo, ma il 33% del suolo terrestre è già degradato e questa percentuale potrebbe salire al 90% entro il 2050».
Sono i pesticidi e i fertilizzanti chimici di sintesi i primi accusati della perdita di vitalità dei terreni agricoli.
Sempre la Fao avverte che «l’uso eccessivo e improprio dei pesticidi causa danni indesiderati a specie non target, mentre la persistenza nell’ambiente e i residui tossici possono impattare su specie utili e organismi non target, come gli umani, e possono contaminare le acque e i suoli a scala globale».
Ma se le sostanze chimiche sono controllate e limitate nell’acqua e nell’aria, questo non succede per i terreni, che sono il primo sistema naturale in cui finiscono le molecole di sintesi utilizzate nei campi dell’agricoltura convenzionale.
Insomma, la terra è un elemento naturale che non viene protetto in quanto tale.
Il mondo del biologico ha invece voluto puntare i riflettori su questa risorsa naturale non rinnovabile (per fare un centimetro di suolo fertile occorrono dai 100 ai 1.000 anni), lanciando una campagna di controlli nei campi che ora è giunta alla sua tappa finale.
La “Compagnia del Suolo” – voluta da FederBio in collaborazione con Legambiente, Lipu, Medici per l’Ambiente, Slow Food e Wwf Italia – ha infatti percorso l’Italia in nove tappe per verificare il contenuto di sostanze chimiche di sintesi nei campi coltivati, mettendo a confronto suoli convenzionali con suoli biologici.
Da nord a sud, quindi, un piccolo drappello di giovani inviati ha raccolto assieme ad agronomi professionisti campioni di terreno in 18 campi e organizzato dieci incontri in varie città d’Italia, per sensibilizzare i cittadini.
I dati sono ancora in via di elaborazione presso un laboratorio specializzato e accreditato, e saranno resi noti in un convegno nazionale che si terrà a Roma entro i primi di dicembre.
Già ora i risultati parziali – avvertono gli organizzatori – registrano importanti e prevedibili differenze nel contenuto di pesticidi nei suoli.
L’agricoltura ha bisogno di suoli puliti e fertili.
L’obiettivo dell’agricoltura bio è in primo luogo la rigenerazione dei suoli: senza di questa non si otterranno alimenti sani, si continuerà a inquinare le acque e la stessa atmosfera.
Un suolo fertile, che non viene trattato con la chimica di sintesi, è anche una delle strade maestre per riassorbire il carbonio in eccesso dall’atmosfera e quindi combattere il cambiamento climatico.
Per questo è stata lanciata la campagna di sensibilizzazione “Compagnia del Suolo”: il biologico parte proprio dal mantenimento della fertilità dei terreni, non è solo produzione e vendita di cibi puliti ma un elemento di salvaguardia ambientale.
Nonostante una diminuzione nell’utilizzo illimitato di chimica nei campi, oggi in Italia la media è ancora alta: 4,3 chili di pesticidi per ettaro coltivato vanno a finire ogni anno nei nostri campi.
La conversione del 25% della superficie agricola europea al biologico, indicata nella strategia Farm to Fork, potrebbe rappresentare un consistente passo in avanti, rispetto all’attuale 8% della media Ue.
Visto l’Italia, che è ai primi posti in Europa per superficie bio, con oltre il 16,6% della superficie coltivata, deve e può fare di più.
(Articolo di Maria Grazia Mammuccini, Presidente Federbio, Vicepresidente del WWF Italia. pubblicato con questo titolo il 21 ottobre 2021 su “L’Extraterrestre” allegato al quotidiano “il manifesto” di pari data)
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