Quadro di fondo in cui è maturato l’art. 11 del Regolamento del Verde
Durante un convegno che si è tenuto l’11 maggio 2006 nell’ambito di un ForumPA è stato presentato il sito www.labsus.it, la nuova rivista promossa dall’associazione Laboratorio per la sussidiarietà.
I primi otto anni di vita di Labsus non sono stati segnati da eventi particolari: la vera svolta sia per la rivista sia per l’associazione è arrivata sabato 22 febbraio 2014, quando in un’affollatissima sala del Comune di Bologna, insieme con il Sindaco e altre autorità fu presentato il primo “Regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni”.
Il tentativo di far approvare un analogo Regolamento anche dal Comune di Roma ha portato il 30 aprile 2015 ad una Memoria presentata e sostenuta dall’allora Assessore Paolo Masini con cui è stato affidato ad un gruppo di lavoro nominato dal Segretario Generale, di cui anche Labsus faceva parte, il compito di predisporre entro il successivo 20 luglio uno schema di “Regolamento per la collaborazione tra cittadini e amministrazione in materia di cura e rigenerazione dei beni comuni urbani.”
Faceva parte di quel gruppo di lavoro un unico esperto esterno, il prof. Gregorio Arena Presidente di Labsus che, su incarico della Giunta presieduta dall’allora Sindaco Marino, a titolo del tutto volontario ha lavorato per diversi mesi alla redazione di una bozza che era di fatto già pronta quando la Giunta Marino cadde nell’ottobre 2015, vanificando tutto il lavoro.
Due anni più tardi, nell’agosto del 2017, alcune realtà decisero di non accettare passivamente la determina dirigenziale n. 624 del 3 agosto 2017 di Antonello Mori che poneva condizioni giudicate estremamente restrittive, quasi vessatorie, dalle tante associazioni che a Roma si prendevano (e si prendono) cura del verde pubblico, quali l’obbligo di stipulare ben due polizze assicurative con massimali più alti rispetto a quelli già in vigore, comportando inoltre procedure burocratiche molto pesanti per ottenere l’autorizzazione ad occuparsi degli spazi verdi.
Il Comitato Parco Giovannipoli e il Comitato di Quartiere Grotta Perfetta presentarono un ricorso al TAR contro la determina in questione, ma era evidente che il problema nei rapporti con il Comune per quanto riguardava le attività dei cittadini per la cura del verde pubblico andava risolto in modo strutturale.
In quell’estate, dunque, i due comitati promotori del ricorso al TAR riunirono tutte le associazioni e comitati che a vario titolo operavano sul verde pubblico per discutere il futuro della gestione del verde a Roma.
Venuta a conoscenza tramite Labsus dell’esistenza del Regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni e della sua adozione da parte di centinaia di comuni in tutta Italia, l’assemblea decise allora di mobilitarsi per ottenerne l’adozione anche a Roma.
Il 12 gennaio 2018 le diverse associazioni, compresa Labsus, diedero vita alla Coalizione per i beni comuni, una rete informale di associazioni il cui obiettivo era appunto ottenere l’adozione del Regolamento da parte di Roma Capitale.
Per raggiungere tale risultato, dopo aver riscontrato l’indisponibilità dell’amministrazione comunale nei confronti di qualunque soluzione alternativa, la Coalizione decise di utilizzare lo strumento, previsto dallo Statuto comunale, della proposta di delibera consiliare di iniziativa popolare.
Labsus predispose la relazione illustrativa e il testo della delibera, coincidente in sostanza con il testo del Regolamento, dopo di che nei primi mesi del 2018 la Coalizione diede il via alla raccolta delle firme necessarie per la presentazione della proposta di delibera con allegato il “Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura, la rigenerazione e la gestione in forma condivisa dei beni comuni urbani”, che all’art. 5 del Regolamento disciplina il patto di collaborazione con lo stesso testo condiviso .
Contestualmente l’allora Assessora Pinuccia Montanari ha chiamato ad elaborare congiuntamente una proposta di “Regolamento capitolino del verde pubblico e privato e del paesaggio urbano di Roma Capitale” un numeroso gruppo di lavoro, composto dall’Assessorato alla Sostenibilità Ambientale, dal Dipartimento Tutela Ambientale, da esponenti di associazioni, di comitati di quartiere e di ordini professionali (agronomi, agrotecnici e periti agrari).
Riunione del 14 febbraio 2018
I lavori sono iniziati l’8 febbraio del 2018 e sono durati per 20 riunioni fino al 4 luglio 2018.
Per la proposta di delibera consiliare di iniziativa popolare a norma di Statuto sarebbe stato sufficiente raccogliere in tre mesi 5 mila firme, ma la Coalizione per i Beni Comuni, di cui a quel punto facevano parte 130 associazioni, ne raccolse ben 15 mila, a riprova dell’interesse che il tema suscitava fra i cittadini.
Il 30 aprile 2018 la proposta di delibera e le 15 mila firme furono consegnate dalla Coalizione in Campidoglio: gli uffici ne convalidarono circa 12 mila, ma il successo dell’iniziativa dal punto di vista politico rimase comunque indubbio.
Del numeroso gruppo di lavoro, che è stato chiamato a redigere il testo del regolamento del Verde non faceva parte né Labsus né la Coalizione per i Beni Comuni, ma alla riunione che si è tenuta il 30 maggio del 2018 ha partecipato a titolo personale (senza nessun coordinamento con la Coalizione per i Beni Comuni) il prof. Gregorio Arena.
Riunione del 30 maggio 2018 (il prof. Arena è all’estrema sinistra)
Il Prof. Gregorio Arena ha convinto ad inserire i “Patti di collaborazione” all’art. 11 del Regolamento del Verde, recependo il testo quasi integrale dell’art. 5 del “Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura, la rigenerazione e la gestione in forma condivisa dei beni comuni urbani”, fatto oggetto di proposta di deliberazione di iniziativa popolare formalizzata il precedente 30 aprile del 2018.
Il testo dell’art. 11 del Regolamento del Verde, così come poi adottato dalla Giunta Capitolina con decisione n. 2 del 16 gennaio 2019, è composto dei seguenti 8 commi.
Normativa sovraordinata approvata successivamente dalla Regione Lazio
L’allora Assessora alle attività produttive del Comune di Roma, Marta Leonori, una volta eletta tre anni dopo nel Consiglio della Regione Lazio, si è avvalsa anche della bozza della Coalizione per i Beni Comuni come punto di partenza per la stesura della legge regionale n. 10 del 26 giugno 2019, intitolata “Promozione dell’amministrazione condivisa dei beni comuni”, la prima legge regionale di questo tipo.
Dà all’art. 2 la seguente definizione dei “cittadini attivi”: “tutti i soggetti, compresi i bambini, singoli, associati o comunque riuniti in formazioni sociali o di natura imprenditoriale che, indipendentemente dai requisiti formali riguardanti la residenza o la cittadinanza, si attivano, anche per periodi di tempo limitati, per la cura, la gestione o la rigenerazione dei beni comuni in forma condivisa, anche con capacità organizzativa e di mobilitazione di risorse umane, tecniche e finanziarie”.
Dà inoltre allo stesso art. 2 la seguente definizione del “Patto di collaborazione”: “l’atto attraverso il quale la Regione, gli enti strumentali, le società da essa controllate nonché gli enti locali, nell’ambito della propria autonomia organizzativa, definiscono con i cittadini attivi gli interventi di cura, di rigenerazione, di valorizzazione e di gestione condivisa di beni comuni”.
Dà infine, sempre all’art. 2, la seguente definizione di “rigenerazione”: “interventi dei cittadini volti al recupero dei beni comuni, con caratteri di inclusività, di integrazione e di sostenibilità anche economica”.
Il 1° comma del successivo art. 6 ha impegnato la Giunta Regionale ad adottare entro 120 giorni dalla data di approvazione della legge, il regolamento regionale sull’amministrazione condivisa dei beni comuni ed a definire con deliberazione le “linee guida per l’adozione da parte degli enti locali dei rispettivi regolamenti” in conformità ai principi dettati allo stesso art. 6, che all’ultimo comma 2 dispone che “nel regolamento regionale e nelle linee guida …, la Giunta regionale prevede il PATTO DI COLLABORAZIONE quale strumento con cui l’amministrazione e i cittadini attivi definiscono consensualmente gli obiettivi, le attività e le modalità di realizzazione degli interventi di amministrazione condivisa”.
Il successivo art. 8 precisa che “il PATTO DI COLLABORAZIONE di cui all’articolo 6, comma 2 può prevedere l’attribuzione di vantaggi economici o altre forme di sostegno, qualora abbia ad oggetto attività e interventi di cura, di rigenerazione, di valorizzazione e di gestione condivisa di beni comuni che i soggetti …. ritengano di particolare interesse pubblico e per i quali i cittadini attivi sono in grado di mobilitare risorse adeguate, valorizzando le esperienze che operano in specifici contesti territoriali e di disagio sociale”.
In ottemperanza a quanto disposto dal 1° comma dell’art. 6 della legge regionale n. 10/2019, la Giunta Regionale ha adottato il “Regolamento sull’amministrazione condivisa dei beni comuni” n.7 del 19 febbraio 2020, che all’art. 4 disciplina il “Patto di collaborazione”, mentre al successivo art. 6 detta la disciplina dei “Patti di collaborazione semplificati”, all’art. 7 detta invece la disciplina dei “Patti di collaborazione complessi” ed all’art. 9 disciplina la “Gestione dei Patti di collaborazione complessi”.
Revisione dell’art. 11 sui Patti di collaborazione
Gli iniziali 306 emendamenti che l’assessora alle Politiche del Verde Laura Fiorini ha trasmesso al gruppo ristretto di 22 persone (poi ridotto a 7-9) chiamate a condividerli non hanno riguardato l’art. 11 perché su di esso il 13 ottobre 2020 il cons. Roberto Di Palma (M5S) ha fatto conoscere il seguente suo appunto: “ARTICOLO DA RIVEDERE CON FIORINI CON MODIFICHE ANCORA DA COMUNICARE”.
Nel corso della seduta che si è svolta il 14 novembre 2020 in modalità telematica anche con l’assessora Laura Fiorini, il cons. Roberto Di Palma ha fatto conoscere il testo dell’art. 11 che ha sostituito interamente quello originario aggiungendovi altri 6 commi e che è poi rimasto quello definitivo.
Come ha poi ribadito più tardi con dei post sulla pagina facebook del cons. Orlando Corsetti (PD), il cons. Roberto Di Palma ha ammesso che sui patti di collaborazione con i cittadini sono stati aggiunti alcuni commi, per declinare ancor più nel dettaglio la procedura del “patto di collaborazione”, precisando che ha fatto verificare le modifiche dell’11 al Professor Arena, il quale non ha avuto nulla da eccepire sul contenuto delle aggiunte.
Ma il Prof. Gregorio Arena, così come ha poi messo per iscritto a VAS, ha fatto le sue verifiche sulle previsioni introdotte che “sono state riprese, in alcuni casi testualmente, dal prototipo del nostro Regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni, sia perché si tratta di disposizioni necessarie per regolare il funzionamento dei patti”: il prof. Arena ha quindi fatto le sue verifiche solo con l’art. 5 del “Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura, la rigenerazione e la gestione in forma condivisa dei beni comuni urbani”, fatto oggetto di proposta di deliberazione di iniziativa popolare formalizzata il 30 aprile del 2018, e non anche della legge regionale n. 10 del 26 giugno 2019, sulla “Promozione dell’amministrazione condivisa dei beni comuni” ed ancor più del “Regolamento sull’amministrazione condivisa dei beni comuni” n.7 del 19 febbraio 2020 della Regione Lazio, che non sono stati verificati perché entrambi subentrati dopo.
Sia il Prof. Gregorio Arena che il cons. Roberto Di Palma e l’assessora Laura Fiorini non hanno tenuto conto soprattutto del “Regolamento sull’amministrazione condivisa dei beni comuni” n.7 del 19 febbraio 2020 e delle linee guida per l’adozione da parte anche del Comune di Roma del rispettivo Regolamento, da prendere invece in considerazione e da recepire.
Non risultano al momento reperibili le “linee guida per l’adozione da parte degli enti locali dei rispettivi regolamenti”: quand’anche non fossero state ancora deliberate dalla Giunta Regionale del Lazio, il Comune di Roma può e deve adottare nel Regolamento del Verde i “Patti di collaborazione” disciplinandoli all’art. 11 recependo la normativa regionale per consentire l’intera gamma possibile della sussidiarietà orizzontale.
La bocciatura dell’Assemblea Capitolina del Regolamento dei Beni Comuni e quindi anche dei Patti di collaborazione
La Coalizione per i Beni Comuni, dopo che il 23 giugno 2019 l’associazione Labsus è uscita dalla coalizione, è riuscita a far calendarizzare la sua proposta di delibera di iniziativa popolare ad un anno e mezzo di distanza: è stata votata per la 1° volta il 15 ottobre 2020, insieme a molte altre delibere popolari, ottenendo 20 voti a favore e 20 astensioni.
Ai sensi del Regolamento del Consiglio Comunale di Roma la parità di voti significa che la proposta di delibera è stata respinta, ma il medesimo Regolamento prevede anche che “In caso di parità tra i voti favorevoli e quelli contrari, la proposta si intende non approvata e la proposta può essere rimessa in votazione nel corso di altra seduta” (art. 79, comma 3°).
Il 2 dicembre 2020 c’é stata una seconda votazione, conclusasi anch’essa con un pareggio (e dunque una bocciatura), con 18 voti a favore e 18 astenuti
C’è da mettere in risalto che a quel momento il cons. Roberto Di Palma aveva già approvato con l’assessora Laura Fiorini (dal precedente 14 novembre 2020) la sostituzione del testo dell’art. 11 sui “patti di collaborazione” che però ha bocciato in aula: se fosse stato coerente con sé stesso, il suo voto favorevole avrebbe fatto approvare la proposta di delibera di iniziativa popolare!
La Coalizione, sempre ai sensi del 3° comma dell’art. 79 del Regolamento del Consiglio comunale ha chiesto ed ottenuto che la proposta di delibera venisse nuovamente portata in Aula.
Il 22 gennaio 2021 la proposta di delibera è stata portata di nuovo in discussione in Aula per la terza volta, ma la maggioranza ha fatto mancare il numero legale.
Si è così arrivati il 25 gennaio 2021 all’ultima e definitiva votazione, in cui la proposta di delibera di iniziativa popolare presentata il 30 aprile 2018 dalla Coalizione per i beni comuni con il sostegno di 15 mila firme e riguardante l’adozione del Regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni a Roma è stata definitivamente bocciata con 24 voti contrari e 18 voti a favore.
Le Ragioni del voto contrario ai “Patti di collaborazione”
In un post pubblicato il 21 gennaio 2021 nella sua pagina facebook il cons. Stefano Fassina ha motivato in anticipo il suo voto contrario nel seguente modo: “Nella proposta di Delibera di Iniziativa Popolare al voto domani, in linea con la ricordata Legge Regionale n. 10 del 2019 (Art 2, comma 1, lettera e), i cittadini attivi sono anche “i soggetti di natura imprenditoriale” (Art 2, comma 1, Lettera c) e l’intervento per l’affidamento dei beni capitolini “è aperto a tutti i soggetti, singoli o associati, senza necessità di ulteriore titolo di legittimazione” (Art 4, comma 1).
Quindi, anche Srl e Spa.
In sostanza, la Delibera di Iniziativa Popolare per il “Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura, la rigenerazione e la gestione in forma condivisa dei beni comuni urbani”, include potenzialmente gestioni privatistiche e imprese for profit.
Pertanto, i beni capitolini vengono esposti ad un rischio inaccettabile.
E’ un dato che mi porta a non poter condividere la proposta”.
Sono ben 235 gli Enti che hanno approvato un Regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni, sul prototipo elaborato dal Labsus, laboratorio per la sussidiarietà.
Il prototipo è stato recepito dalla Regione Lazio e tramutato nella legge regionale n. 10 del 29 giugno 2019, che alla lettera e) del 1° comma dell’art. 2 fra i cittadini attivi ricomprende anche i “soggetti … di natura imprenditoriale”.
La Regione Lazio ha approvato anche il Regolamento n. 7 del 19 febbraio 2020 “sull’amministrazione condivisa dei beni comuni”, che distingue i “Patti di collaborazione semplificati” (art.6) dai “Patti di collaborazione complessi” (art 7), ma mai ne lascia lontanamente intendere un utilizzo speculativo.
Il “Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazioni per la cura, la rigenerazione e la gestione condivisa dei beni comuni urbani” che è stato definitivamente bocciato dalla Assemblea Capitolina il 25 gennaio 2021 (con 24 voti contro e 18 a favore), è pienamente conforme alla legge regionale n. 10/2019 di cui riporta alla lettera c) del 1° comma dell’art. 2 la definizione fra i soggetti attivi anche di quelli “di natura imprenditoriale”, lasciando ben intendere negli articoli successivi (5, 10 e 15) che non c’è possibilità di un utilizzo speculativo dei patti di collaborazione.
Il voto contrario di Stefano Fassina ad un Regolamento del genere (dopo avere detto “sì” alla prima votazione) denota anzitutto una contraddizione di partenza, perché pretende di riservare esclusivamente ai soggetti del Terzo Settore l’utilizzo di beni che essendo “comuni” sono invece per loro natura giuridica di tutti, compresi quindi i soggetti costituiti in S.r.l. o S.p.A., cui spettano gli stessi diritti e doveri prescritti dal Regolamento: in tal modo si verrebbe a limitare la sussidiarietà orizzontale, senza accorgersi peraltro di stare ad escludere anche la marea di comitati di quartiere ed associazioni (onlus e/o APS) che non fanno parte del Terzo Settore.
Parte in secondo luogo da un presupposto sbagliato, perché fa un processo anzitempo alle intenzioni privo di fondamento sulla eventuale “interpretabilità” distorta della norma, accusata per giunta di poter essere applicata indiscriminatamente senza nessun controllo.
Ha ben risposto al voto contrario Katiuscia Eroe, della Coalizione Beni Comuni, con il seguente commento a post di Fassina: “Siamo assolutamente straconvinti che il rischio paventato non esista.
Il regolamento che tiene le porte aperte a tutta la cittadinanza attiva ha regole precise, di sussidiarietà, di trasparenza, di evidenza dei patti che si presentano, di non esclusività del bene comune, ecc garantiscono che non potrà esserci nessun uso privatistico.
Neanche da parte delle realtà cittadine.
Inoltre bisognerà scrivere le regole per i Patti e li si potrà intervenire proprio in questa direzione.
Perché non si può far finta che le realtà cittadine che portano avanti progetti complessi, possano andare avanti solo con donazioni e raccolte fondi”.
L’errore, se tale si può chiamare, imputabile caso mai alla Coalizione per i beni comuni è stato quello di considerare talmente scontato che il testo escluda di per sé la possibilità di speculazioni private da non aver sentito il bisogno di specificare che i patti di collaborazione escludono tassativamente finalità a scopo di lucro.
Con questa bocciatura il Comune di Roma ha perso l’occasione di mettersi al pari di altri importanti Comuni che si sono dotati da tempo di un proprio Regolamento come Bologna, Firenze, Milano, Torino e Venezia.
In un post pubblicato il 25 gennaio 2021 sulla sua pagina facebook Francesco Ardu, portavoce del M5S, ha motivato in questo modo il voto contrario dei consiglieri del M5S: “Molte associazioni e anche alcune parti politiche hanno, infatti, sollevato legittime perplessità circa l’indeterminatezza di questa proposta nel definire i c.d. ‘cittadini attivi’.
Così come concepita nella delibera, infatti, tale definizione includerebbe anche le imprese o società di capitali nella gestione di un patrimonio che, come detto in più occasioni, può essere gestito solo ed esclusivamente dalle realtà del terzo settore o dalle istituzioni.
Un’ambiguità che, nell’ottica della più totale trasparenza nei confronti dei cittadini, non possiamo accettare e a cui non possiamo neanche rimediare, dal momento che una proposta di iniziativa popolare non è emendabile….
Ciò premesso, abbiamo detto sin da subito che la situazione amministrativa e gestionale di taluni beni a Roma, anche attraverso i patti di collaborazione, deve necessariamente avere una declinazione particolare in ogni settore.
Ed è proprio ciò che ha fatto la nostra Amministrazione, che sul tema dei beni comuni è sempre stata vigile e attiva.
A dimostrazione di ciò il nuovo regolamento del verde (che nell’esperienza nazionale sui beni comuni, risulta essere il settore che viene maggiormente toccato dal tema) in procinto di essere approvato.
Tale Regolamento ha infatti delineato un percorso amministrativo fattibile in cui i cittadini potranno sottoscrivere dei patti di collaborazione per la gestione di questo patrimonio”.
Francesco Ardu dichiara solo ora che la proposta della Coalizione per i beni comuni “è semplicemente irricevibile”, per la sua “totale mancanza di evidenza pubblica che, per inciso, gli altri regolamenti sui beni comuni adottati altrove hanno”.
Gli “altri regolamenti sui beni comuni adottati altrove” sono per la cronaca 235 e quasi tutti hanno recepito il prototipo di Regolamento redatto nel 2018 da Labsus, il laboratorio di sussidiarietà, sulla cui base la Coalizione per i beni comuni ha proposto il Regolamento bocciato come delibera di iniziativa popolare che ha raccolto ben 15.000 firme: per un movimento politico, che si vanta ancor oggi di aver fatto della trasparenza un vessillo della propria ideologia politica e amministrativa, di inaccettabile c’è caso mai lo schiaffo in faccia che ha dato alla partecipazione di 15.000 cittadini!
Quand’anche per un attimo si accettasse che fosse vero che “gli altri regolamenti sui beni comuni adottati altrove” abbiano quella totale evidenza pubblica che mancherebbe alla proposta di Regolamento della Coalizione per i beni comuni, Francesco Ardu e con lui tutto il M5S non possono ignorare che la Regione Lazio ha recepito il prototipo di Labsus approvando non solo la legge regionale n. 10 del 29 giugno 2019, concernente la “Promozione dell’amministrazione condivisa dei beni comuni”che fra i “cittadini attivi” ricomprende anche i “soggetti … di natura imprenditoriale”, ma anche il Regolamento n. 7 del 19 febbraio 2020 “sull’amministrazione condivisa dei beni comuni”.
Bocciare la proposta di delibera di iniziativa popolare ha assunto quindi anche la valenza di un atto anarchico di bocciatura di una normativa sovraordinata!
La proposta di emendamento dell’art. 11 sui “Patti di collaborazione”
Il testo proposto da VAS e da Ecoistituto RE.GE. recepisce e accorpa in sequenza logica sia il testo della legge della Regione Lazio n. 10 del 29 giugno 2019 (concernente la “Promozione dell’amministrazione condivisa dei beni comuni”) che il testo del Regolamento regionale n. 7 del 19 febbraio 2020 “sull’amministrazione condivisa dei beni comuni”
La disciplina così assemblata assicura maggiormente soprattutto la sussidiarietà orizzontale.
Lo si riporta integralmente con annotazioni poste fra parenesi quadre, per far sapere da dove è stato tratto il testo di ogni singolo comma.
«1. Il patto di collaborazione è lo strumento con cui il Comune ed i cittadini attivi, di cui alla lettera e) del comma 1 dell’art. 2 della legge della Regione Lazio 26 giugno 2019, n.10, definiscono sulla base del principio di sussidiarietà orizzontale gli interventi di cura, di rigenerazione, di valorizzazione e di gestione condivisa dei beni comuni, che si intendono realizzare senza nessuno scopo di lucro. [Tratto dalla lettera f) del 1° comma dell’art. 2 della legge regionale n. 10/2029 e dal 1° comma dell’art. 1 del Regolamento regionale n. 7 del 19 febbraio 2020. Per superare le ragioni del voto contrario della maggioranza della Assemblea Capitolina che c’è stato il 22 gennaio 2021, è stato precisato fin dal 1° comma che il patto di collaborazione è SENZA NESSUNO SCOPO DI LUCRO]
2. Il contenuto del patto può variare in relazione al grado di complessità degli interventi concordati e della complessità della collaborazione. [tratto dal 2° comma dell’art. 5 del Regolamento dei beni comuni proposto con deliberazione di iniziativa popolare]
3. A mero titolo esemplificativo possono essere oggetto di patti di collaborazione semplificati la pulizia e la manutenzione del verde ed il giardinaggio, mentre sono patti di collaborazione complessi gli interventi di cura o rigenerazione che riguardano spazi verdi e beni comuni che hanno caratteristiche di valore storico, culturale e paesaggistico o che, in aggiunta o in alternativa, hanno dimensioni e valore economico significativo e comportano comunque attività complesse o innovative volte al recupero, alla trasformazione e alla gestione continuata nel tempo sulle aree a verde pubblico. [tratto dal 2° comma dell’art. 6 e dal 1° comma dell’art. 7 del Regolamento regionale n. 7 del 19 febbraio 2020]
4. I patti nascono su iniziativa dei cittadini attivi, in forma singola o associata e possono essere promossi dalla stessa amministrazione anche attraverso i Municipi. A tal fine, Roma Capitale, avvia un processo di dialogo e collaborazione che va dalla fase di ascolto dei bisogni e di manifestazione delle prime proposte progettuali, alla fase di progettazione condivisa, a quella di co-gestione degli interventi e dei servizi previsti e sottoscritti nel patto fino a quella di rendicontazione pubblica dei risultati ottenuti e degli impatti prodotti. [tratto dal comma 2 della revisione del testo, ma integrato] Allo stesso fine con deliberazione della Giunta Capitolina vengono definiti le condizioni e l’iter istruttorio per la loro attivazione, nonché le tipologie di aree verdi che possono essere oggetto di patti di collaborazione, le linee di indirizzo per la loro cura, gestione condivisa o riqualificazione. A seguito della suddetta deliberazione di Giunta, Roma Capitale può individuare e pubblicare periodicamente sul sito istituzionale un elenco di aree, e degli arredi e strutture in esse presenti, che possono essere oggetto di patti di collaborazione. I Municipi istruiscono e gestiscono l’iter di stipula dei patti di collaborazione che riguardano le aree verdi di competenza municipale. [tratto dal comma tratto dal comma 2 della revisione del testo, ma integrato]
5. Il patto, avuto riguardo alle specifiche necessità di regolazione che la collaborazione presenta, definisce in particolare:
a) gli obiettivi che la collaborazione persegue e le specifiche azioni previste a carattere temporaneo o continuativo, di cura, gestione condivisa e rigenerazione delle aree a verde;
b) l’individuazione puntuale del bene o dei beni comuni oggetto del patto, nonché la descrizion e del loro stato di fatto e di diritto;
c) la durata della collaborazione, le cause di sospensione o di conclusione anticipata della stessa;
d) le modalità di azione, il ruolo ed i reciproci impegni, anche economici, dei soggetti coinvolti, i requisiti ed i limiti di intervento;
e) gli strumenti volti a garantire la fruizione collettiva delle aree a verde oggetto del patto;
f) l’eventuale definizione, per lo specifico patto, di strumenti di governo e coordinamento e partecipazione , quali cabina di regia, comitato di indirizzo, etc., e di partecipazione (forme di coordinamento delle formazioni sociali attive sul territorio interessato, consultazioni, assemblee o altri processi strutturati di partecipazione ai processi decisionali);
g) le misure di pubblicità del patto, in osservanza dei commi 6 e 9 del presente articolo, fin dal suo avvio e le modalità di documentazione delle azioni realizzate, del monitoraggio e della valutazione, della rendicontazione delle risorse utilizzate e della misurazione dei risultati prodotti dal patto;
h) l’eventuale affiancamento del personale comunale ai cittadini attivi, la vigilanza sull’andamento della collaborazione, la gestione delle controversie che possano insorgere durante la collaborazione stessa e le sanzioni per l’inosservanza della clausole del patto da parte di entrambi i contraenti;
i) le cause e le modalità di esclusione di singoli cittadini per inosservanza del presente regolamento o delle clausole del patto da parte di entrambi i contraenti;
l) le responsabilità dei soggetti coinvolti in relazione ai danni cagionati a persone o cose in occasione o a causa degli interventi di cura, gestione con divisa e rigenerazione, la necessità e le caratteristiche delle eventuali coperture assicurative, le misure utili ad eliminare o ridurre le interferenze con altre attività, nonché l’assunzione di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale nei confronti di Roma Capitale e dei terzi;
m) le modalità per l’adeguamento e le modifiche degli interventi concordati;
n) il referente dell’amministrazione capitolina per il patto;
o) le forme, le misure e le modalità di sostegno da parte di Roma Capitale, che può realizzarsi anche attraverso la fornitura, nei limiti delle risorse disponibili, dei servizi, degli strumenti e dei materiali di consumo necessari per la realizzazione delle attività che costituiscono oggetto del patto;
p) le modalità per l’assunzione da parte dell’amministrazione degli oneri connessi con la stipula e l’attivazione della polizza assicurativa a favore dei cittadini partecipanti al patto. [tratto dal comma 3 dell’art. 5 del Regolamento dei beni comuni proposto con deliberazione di iniziativa popolare, integrato con il comma 5 della revisione del testo e con il comma 4 del Regolamento regionale n. 7 del 19 febbraio 2020]
6. Entro 45 giorni dalla ricezione della proposta di patti di collaborazione semplificati, illustrata e documentata dal proponente, la Struttura amministrativa competente conclude la relativa istruttoria di fattibilità tecnica ed economica compiuta di concerto con tutti gli Uffici coinvolti e comunica al soggetto proponente le condizioni necessarie per formulare integrazioni al progetto tali da renderlo compatibile con le previsioni del presente Regolamento. Qualora ritenga che non sussistano le ragioni tecniche o di opportunità per procedere, lo comunica al proponente illustrandone le motivazioni. A tal fine, entro 10 giorni dalla ricezione, il Dipartimento Tutela Ambientale trasmette le proposte di propria competenza al Municipio di riferimento il quale può presentare osservazioni nel termine di 15 giorni. Nel caso di più proposte di collaborazione per la medesima area verde, arredo o struttura, la scelta della proposta viene effettuata mediante procedure di tipo partecipativo, favorendo la sinergia tra i vari proponenti. In tal caso il termine per la conclusione dell’istruttoria è aumentato a 60 giorni. L’esito finale è comunicato al proponente con provvedimento succintamente motivato. Il patto di collaborazione sottoscritto ai sensi del presente articolo è pubblicato sul sito istituzionale del Comune nell’ambito della sezione “Amministrazione condivisa dei beni comuni”. [tratto dal comma 4 dell’art. 11 della revisione del testo originario, integrato]
7. I cittadini attivi possono presentare anche proposte di patti di collaborazione complessi che devono essere corredate dalla documentazione atta a descrivere con chiarezza l’intervento che si intende realizzare, tra cui relazione illustrativa, programma di manutenzione, tavole grafiche in scala adeguata della proposta progettuale e stima degli eventuali costi dei lavori da eseguirsi. [tratto dal comma 1 dell’art. 7 del Regolamento regionale n. 7 del 19 febbraio 2020] Ogni proposta viene pubblicata sul portale istituzionale entro dieci giorni, al fine di acquisire da parte di tutti i soggetti interessati, entro il termine di sessanta giorni, osservazioni utili alla valutazione degli interessi coinvolti o a far emergere gli eventuali effetti pregiudizievoli della proposta stessa, oppure ulteriori contributi o apporti e la presentazione di ulteriori proposte di collaborazione da parte della cittadinanza relative allo stesso bene comune. [tratto dal comma 2 dell’art. 7 del Regolamento regionale n. 7 del 19 febbraio 2020] Scaduto il termine e qualora non sia necessario acquisire alcun atto di assenso per la realizzazione dell’intervento, la Struttura amministrativa competente approva la proposta di collaborazione entro sessanta giorni o comunica al soggetto proponente le condizioni necessarie per formulare integrazioni al progetto tali da renderlo compatibile con le previsioni del presente Regolamento. Qualora ritenga che non sussistano le ragioni tecniche o di opportunità per procedere, lo comunica al proponente illustrandone le motivazioni. L’esito finale è comunicato al proponente con provvedimento succintamente motivato. [tratto dal comma 3 dell’art. 7 del Regolamento regionale n. 7 del 19 febbraio 2020]
8. Il patto viene sottoscritto dai cittadini e dal soggetto delegato dall’Amministrazione e pubblicato sul sito istituzionale del Comune nell’ambito della sezione “Amministrazione condivisa dei beni comuni”. [tratto dal comma 6 dell’art. 11 della revisione del testo originario]
9. Il patto non può escludere o limitare la fruizione collettiva del bene. [tratto dal comma 7 dell’art. 11 della revisione del testo originario]
10. Non sono corrisposti da Roma Capitale, in via diretta o indiretta, compensi o corrispettivi di qualsiasi natura per la esecuzione delle attività che costituiscono oggetto del patto. [tratto dal comma 8 dell’art. 11 della revisione del testo originario]
11. Il patto di collaborazione, al fine di rendere visibili le attività realizzate nell’interesse generale, prevede e disciplina le forme di pubblicità quali, ad esempio, targhe informative, menzioni speciali, spazi dedicati negli strumenti informativi. La pubblicità non costituisce in alcun modo una forma di corrispettivo delle azioni realizzate, essendo mero riconoscimento pubblico dell’impegno dimostrato e strumento di stimolo alla diffusione delle pratiche di cura condivisa dei beni comuni. [tratto dal comma 9 dell’art. 11 della revisione del testo originario]
12. L’Amministrazione vigila sul corretto adempimento degli impegni assunti con la sottoscrizione del patto. A tal fine il proponente trasmette alla competente Struttura amministrativa, con cadenza semestrale, una relazione sull’andamento della collaborazione, sulle attività poste in essere conformemente al patto sottoscritto, sullo stato di attuazione degli obiettivi proposti e sulle eventuali criticità riscontrate. L’Amministrazione organizza inoltre periodiche riunioni, almeno annuali, per la verifica della rendicontazione delle risorse utilizzate e della misurazione dei risultati prodotti dal patto; a tal fine essa può altresì procedere mediante appositi sopralluoghi nelle aree oggetto del patto. [tratto dal comma 10 dell’art. 11 della revisione del testo originario]
13. E’ obbligo del proponente dare immediata comunicazione di eventuali interruzioni o cessazioni delle attività o iniziative e di ogni evento che possa incidere su quanto concordato nel patto di collaborazione. [tratto dal comma 11 dell’art. 11 della revisione del testo originario]
14. L’Amministrazione può recedere dal patto di collaborazione per sopravvenuti motivi di pubblico interesse. Il proponente può recedere dal patto dando preavviso scritto alla competente struttura amministrativa con anticipo di trenta giorni. [tratto dal comma 12 dell’art. 11 della revisione del testo originario]
15. In caso di inosservanza, da parte del proponente, degli impegni assunti e/o delle disposizioni del presente Regolamento, l’Amministrazione, tenuto conto della gravità dell’inadempimento e previa contestazione scritta, può procedere alla risoluzione del patto. Il medesimo inadempimento può costituire causa di esclusione da ulteriori patti di collaborazione. [tratto dal comma 13 dell’art. 11 della revisione del testo originario]
16. Le collaborazioni già avviate alla data di entrata in vigore del presente articolo sono regolate, fino alla prima scadenza successiva, dalle norme previgenti. [tratto dal comma 14 dell’art. 11 della revisione del testo originario]»