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Il Ministero dell’Ambiente interviene contro l’inquinamento dei corsi d’acqua delle Apuane

7 Settembre 2015
in ARCHIVI, AREE NATURALI PROTETTE, GOVERNO DEL TERRITORIO, NATURA, NEWS, parchi regionali, piani territoriali
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L’articolo pubblicato con questo titolo il 30 agosto 2015 sul sito dell’associazione ecologista “Gruppo d’Intervento Giuridico Onlus” descrive la grave situazione di inquinamento provocata dalla “marmettola”, residuo delle attività estrattive delle diverse cave delle Alpi Apuane.

Immagine.Gruppo Intervento Giuridico

Il Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare – Direzione generale per la Protezione della Natura e del Mare ha chiesto (nota prot. n. 16603 del 27 agosto 2015) alla Regione Toscana (D.G. Politiche Ambientali, Energia e Cambiamenti Climatici), alle Province di Lucca e di Massa-Carrara, al Parco naturale regionale delle Alpi Apuane, all’A.R.P.A.T. di intervenire – per gli ambiti di rispettiva competenza – contro “la situazione di inquinamento dei Fiumi Frigido e Carrione, generato dalla presenza di ‘marmettola’, quale prodotto residuo delle attività estrattive delle diverse cave site nelle Alpi Apuane”, ricordando che “eventuali interferenze sullo stato di conservazione dei … siti Natura 2000 risulterebbero … consequenziali ai fenomeni di inquinamento … descritti” in quanto “è stato verificato … che i bacini idrografici che convogliano le acque rispettivamente nel Frigido e nel Carrione sono interessati dalla presenza di diversi siti della rete Natura 2000”.

Immagine.Nota Ministero Ambiente 27.8.2015.1

Immagine.Nota Ministero Ambiente 27.8.2015.2

nota Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare –

D.G. Protezione Natura prot. n. 16603 del 27 agosto 2015

Il Ministero dell’Ambiente chiede anche l’adozione dei necessari provvedimenti di bonifica ambientale, “stante che la questione interessa la verifica degli obiettivi qualitativi previsti dalla Direttiva ‘Acque’ 2000/60/CE”.

Il Ministero dell’Ambiente chiarisce alle amministrazioni regionali e locali coinvolte che quanto richiesto risulta “importante anche al fine di evitare un nuovo pre-contenzioso comunitario, ovvero la chiusura negativa del CHAP(2012)2233 – Cave di marmo attive nel Parco regionale delle Alpi Apuane (Toscana), già avviato nell’ambito dell’EU Pilot 6730/14/ENVI”.

Sono, infatti, già aperte procedure di indagine da parte della Commissione europea per la cattiva attuazione della normativa comunitaria sulla salvaguardia degli habitat (direttiva n. 92/43/CEE), anche a causa delle attività estrattive sulle Alpi Apuane.

Il Ministero dell’Ambiente, infine, segnala al “collega” Ministero per i Beni e Attività Culturali l’inquinamento da marmettola per ogni opportuna valutazione in ordine alla pianificazione paesaggistica e le attività estrattive.

Immagine.Marmettola in un corso d'acqua

Il Ministero dell’Ambiente ha risposto rapidamente alla richiesta di informazioni ambientali e adozione degli opportuni provvedimenti inoltrata (20 agosto 2015) dall’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus riguardo i continui eventi di inquinamento ambientale altamente pregiudizievoli per la salvaguardia dei Fiumi Carrione e Frigido e gli habitat naturali connessi derivanti dalla marmettola (marmo finemente tritato scaricato negli impluvi e corsi d’acqua) causata dall’attività estrattiva sulle Alpi Apuane.

Immagine.Fiume Frigido

Interessati il Ministero dell’ambiente, la Regione Toscana, il Parco naturale regionale delle Alpi Apuane, i nuclei investigativi di Massa e di Lucca del Corpo forestale dello Stato, i Carabinieri del N.O.E. di Firenze, nonché le Procure della Repubblica presso i Tribunali di Massa e di Lucca e le Istituzioni comunitarie (Commissione europea e Commissione “petizioni” del Parlamento europeo).

Al centro dell’azione legale ecologista sono i pesanti effetti dell’inquinamento da marmettola sui corsi d’acqua (i Fiumi Frigido e Carrione) interessati dagli scarichi derivanti dall’attività cavatoria.

Immagine.Il fiume Frigido reso bianco

Il report dell’A.R.P.A.T. sull’inquinamento da marmettola.

Immagine.Marmettola cementata in un corso d'acqua

Ne riferisce ampiamente e approfonditamente la newsletter dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana (A.R.P.A.T.) n. 168 del 13 agosto 2015 con il report sulle “Alpi Apuane e marmettola”.   L’A.R.P.A.T. descrive puntualmente quanto accaduto negli ultimi decenni: nella parte alta dei bacini imbriferi dei Fiumi Carrione e Frigido sussistono perlomeno 178 cave, di cui più di 118 attive.

Immagine.Seravezza

A partire dagli anni ’70 del secolo scorso i ravaneti, accumulo di sassi sui pendii costituiti dagli scarti derivanti dal taglio del marmo a fini commerciali, adibiti a sede stradale, sono stati irrorati dalla marmettola, marmo finemente tritato scaricato negli impluvi e corsi d’acqua.  

Immagine.Bacino estrattivo Torano

La marmettola, secondo quanto asserito dall’A.R.P.A.T., è “fortemente inquinante”, contaminata “da oli e grassi … e da metalli”.   

“La marmettola, per l’ecosistema, è inquinante per l’azione meccanica: riempie gli interstizi, ed impermealizza le superfici perciò elimina gli habitat di molte specie animali e vegetali, modifica i naturali processi di alimentazione della falda, rende più rapido lo scorrimento superficiale delle acque (in pratica è come se il fondo del fiume fosse cementato), infiltrata nel reticolo carsico , modifica i percorsi delle acque sotterranee e può esser causa del disseccamento di alcune sorgenti e/o del loro intorbidamento”.

Non meno gravi le conseguenze sul litorale: se è vero che “il tratto di mare prospiciente la foce del torrente Carrione è da considerarsi non balneabile perché il torrente sfocia in zona portuale”, le “Foci del Torrente Frigido e del Fosso Brugiano sono soggette a divieto permanente di balneazione … per motivi igienico-sanitari” perché “l’ambiente risulta ‘molto inquinato o comunque molto alterato’”.

Le conseguenze in sede europea.

Nel 2014 la Commissione europea – Direzione generale “Ambiente” ha reso noto di aver aperto la procedura di indagine EU Pilot 6730/14/ENVI “diretta ad accertare se esista in Italia una prassi di sistematica violazione dell’articolo 6 della direttiva Habitat” a causa di svariate attività e progetti realizzati in assenza di adeguata procedura di valutazione di incidenza ambientale (V.INC.A.) in aree rientranti in siti di importanza comunitaria (S.I.C.) e zone di protezione speciale (Z.P.S.) componenti la Rete Natura 2000, individuati rispettivamente in base alla direttiva n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli Habitat naturali e semi-naturali, la fauna, la flora e la direttiva n. 09/147/CE sulla tutela dell’avifauna selvatica.

Recentemente la Commissione europea – Direzione generale “Ambiente” ha chiesto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Politiche Europee – Struttura di Missione per le Procedure di Infrazione nuove informazioni complementari, segnalando ulteriori contestazioni e indicazioni di attuazione (nota Pres. Cons. Ministri prot. n. DPE3253 del 27 marzo 2015).

Il rischio è sempre più l’apertura di una procedura giudiziaria per violazione della normativa comunitaria sulla salvaguardia degli Habitat naturali e semi-naturali, la fauna, la flora (direttiva n. 92/43/CEE) e, in conseguenza di eventuale sentenza di condanna da parte della Corte di Giustizia europea, di una pesante sanzione pecuniaria a carico dell’Italia (e per essa alle amministrazioni pubbliche che hanno causato le violazioni), grazie soprattutto a omissioni o pressapochismo in materia di tutela ambientale, nonostante le tante istanze ecologiste.

La procedura di infrazione prosegue e si è arricchita di ulteriori violazioni.

Che cosa accade in questi casi?

Se non viene rispettata la normativa comunitaria, la Commissione europea – su ricorso o d’ufficio – avvia una procedura di infrazione (art. 258 Trattato U.E. versione unificata): se lo Stato membro non si adegua ai “pareri motivati” comunitari, la Commissione può inoltrare ricorso alla Corte di Giustizia europea, che, in caso di violazioni del diritto comunitario, dispone sentenza di condanna con una sanzione pecuniaria (oltre alle spese del procedimento) commisurata alla gravità della violazione e al periodo di durata.

Attualmente sono ben 92 le procedure di infrazione aperte contro l’Italia dalla Commissione europea. Di queste addirittura 18 (circa un quinto) riguardano materie ambientali.

Si ricorda che le sanzioni pecuniarie conseguenti a una condanna al termine di una procedura di infrazione sono state fissate recentemente dalla Commissione europea con la Comunicazione Commissione SEC 2005 (1658): la sanzione minima per l’Italia è stata determinata in 9.920.000 euro, mentre la penalità di mora può oscillare tra 22.000 e 700.000 euro per ogni giorno di ritardo nel pagamento, in base alla gravità dell’infrazione.    

Fino a qualche anno fa le sentenze della Corte di Giustizia europea avevano solo valore dichiarativo, cioè contenevano l’affermazione dell’avvenuta violazione della normativa comunitaria da parte dello Stato membro, senza ulteriori conseguenze.  

Ora non più.   

L’esecuzione delle sentenze della Corte di Giustizia per gli aspetti pecuniari avviene molto rapidamente: la Commissione europea decurta direttamente i trasferimenti finanziari dovuti allo Stato membro condannato: in Italia gli effetti della sanzione pecuniaria vengono scaricati sull’Ente pubblico territoriale o altra amministrazione pubblica responsabile dell’illecito comunitario (art. 16 bis della legge n. 11/2005 e s.m.i.).

Ovviamente gli amministratori e/o funzionari pubblici che hanno compiuto gli atti che hanno sostanziato l’illecito comunitario ne possono rispondere in sede di danno erariale.

I procedimenti penali già aperti.

Nel maggio 2015 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Massa ha aperto un procedimento penale relativo all’inquinamento ambientale determinato proprio dagli scarti delle lavorazioni estrattive.

Fra le ipotesi di indagine ci sarebbe anche l’eventuale sussistenza di un nesso di causalità con l’alluvione che ha colpito la zona di Carrara nell’autunno 2014. [Nel febbraio 2015 la Direzione distrettuale antimafia di Genova ha chiesto il rinvio a giudizio di numerose persone accusate dello smaltimento illecito di ben 70 mila tonnellate di marmettola nelle province di La Spezia e Pisa.]

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus ritiene che si debba fare la massima chiarezza su tali fenomeni di inquinamento ambientale e si debbano porre in essere politiche più determinate ed efficaci per la salvaguardia dei rilevanti valori ecologici, naturalistici e paesaggistici delle Apuane.

Inoltre, Bruxelles è molto più vicina di quanto possiamo pensare.

Il Governo Renzi, le Giunte regionali, gli Enti locali lo capiranno in tempo?

Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

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