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Il Governo Renzi impugna davanti alla Corte costituzionale il nuovo Editto delle Chiudende

26 Giugno 2016
in ARCHIVI, AREE AGRICOLE, beni paesaggistici, GOVERNO DEL TERRITORIO, MATERIE TRATTATE, NEWS, piani territoriali
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Sardegna costa meridionale

anche su Il Manifesto Sardo (“Il Governo Renzi impugna davanti alla Corte costituzionale il nuovo Editto delle Chiudende“), n. 217, 16 giugno 2016

È giunta nel mondo politico isolano come un fulmine a ciel sereno l’impugnativa davanti alla Corte costituzionale da parte del Governo Renzi di alcune norme della legge regionale11 aprile 2016, n. 5, la legge regionale finanziaria 2016, comprese le disposizioni che puntano alla sdemanializzazione di ampi terreni appartenenti ai demani civici.

In realtà, non per tutti è stata una sorpresa.

L’impugnazione da parte del Governo.

Con la delibera del 10 giugno 2016, infatti, il Consiglio dei Ministri ha deciso di impugnare ai sensi dell’art. 127 cost. davanti alla Corte costituzionale per violazione delle competenze statali esclusive in materia di tutela dell’ambiente (artt. 9, 117, comma 2°, lettera s, cost.) anche le disposizioni eversive dei diritti di uso civico, segnalate a tal fine dal Gruppo d’Intervento Giuridico onlus lo scorso 18 aprile 2016.

Ecco il testo:

“L’art. 4 (Disposizioni nel settore ambientale e del territorio) detta disposizioni in materia ambientale e del territorio e presenta profili illegittimi nei commi 24 (che proroga i termini per la richiesta di sclassificazione dal regime demaniale civico dei terreni), 25 (che inserisce un’ulteriore ipotesi di sclassificazione), 26 e 27 (che sclassificano alcuni terreni sottraendoli al regime demaniale degli usi civici).

In relazione a tale premessa e ai fini di una più chiara esplicitazione dei profili di incostituzionalità presenti nelle disposizioni richiamate, appare necessario collocare la lettura delle norme censurate nel quadro dei principi fondamentali che sorreggono la materia della tutela del paesaggio sotto il profilo, soprattutto, della pianificazione paesaggistica.

La copianificazione obbligatoria per le aree vincolate gravate da vincoli paesaggistici prevista dall’ art. 143 del codice dei beni culturali e del paesaggio è norma di grande riforma economico-sociale.  

L’attività di ricognizione e delimitazione delle aree tutelate per legge (tra cui gli usi civici), ai sensi dell’articolo 142 del codice, costituisce uno dei contenuti minimi del piano paesaggistico (art. 143, comma 1, lettera c, del codice) e deve essere svolta congiuntamente dallo Stato e dalla Regione (art. 135 del codice).

Operata tale premessa la normativa regionale, intervenendo unilateralmente, anche con norme provvedimentali come si rinviene nei commi 26 e 27 dell’art. 4, anziché con la dovuta pianificazione condivisa con gli organi statali, viola l’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione e le norme interposte sulla pianificazione congiunta rappresentate dagli articoli 135 e 143 del codice del paesaggio, oltre a svolgere effetti negativi diretti sul processo di copianificazione paesaggistica attualmente in corso.

Inoltre, la nuova normativa regionale sugli usi civici, presente nelle censurate disposizioni, si pone in contrasto con il principio di leale collaborazione desumibile dall’art. 118 della Costituzione, richiamato più volte dalla Corte costituzionale in relazione a settori in cui vi è una connessione indissolubile tra materie di diversa attribuzione.  

È oramai pacifico, infatti, che gli usi civici non svolgono unicamente la funzione economico-sociale di garantire risorse alla collettività che ne è proprietaria, ma interferiscono sulla tutela del paesaggio, materia assegnata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, in ragione dei parametri costituzionali sopra richiamati. 

Tali conclusioni e tali principi sono stati del resto di recente ulteriormente ribaditi dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 210 del 2014, resa proprio su ricorso dello Stato avverso una legge regionale (n. 19 del 2013) della Regione Sardegna sugli usi civici, nella quale afferma che quanto agli usi civici in particolare, la competenza statale nella materia trova attualmente la sua espressione nel citato art. 142 del codice dei beni culturali e del paesaggio, le cui disposizioni fondamentali questa Corte ha qualificato come norme di grande riforma economico-sociale (sentenze n. 207 e n. 66 del 2012, n. 226 e n. 164 del 2009 e n. 51 del 2006): esse si impongono pertanto al rispetto del legislatore della Regione autonoma Sardegna, tenuto conto dei limiti posti dallo stesso statuto sardo alla propria potestà legislativa (sentenza n. 51 del 2006).  

La coesistenza dei due ambiti competenziali impone la ricerca di un modello procedimentale che permetta la conciliazione degli interessi che sono ad essi sottesi.

Con la citata sentenza la Corte ha dichiarato, quindi, l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Sardegna n. 19 del 2013 nella parte in cui non prevede la tempestiva comunicazione del Piano straordinario di accertamento e degli altri atti modificativi dei vincoli di destinazione ai competenti organi statali, affinché lo Stato possa far valere la propria competenza a tutelare il paesaggio con la conservazione dei vincoli esistenti o l’apposizione di diversi vincoli, e affinché, in ogni caso, effetti giuridici modificativi del regime dei relativi beni non si producano prima, e al di fuori, del Piano paesaggistico regionale.

Gli effetti modificativi diretti del regime dei beni gravati da usi civici, prodotti dalla legge regionale in esame al di fuori della copianificazione paesaggistica, appaiono pertanto non in linea con quanto stabilito dalla Corte.

Per le motivazioni esposte, i commi 24, 25, 26 e 27 dell’art. 4, della legge in esame devono essere impugnati, ex art. 127 della Costituzione in quanto violano l’articolo 117, secondo comma, lettera s), nonché l’art. 118 della Costituzione”.

Si tratta della prima seria battuta d’arresto per quella che emerge, a tutti gli effetti, come una vera e propria offensiva istituzionale contro i terreni a uso civico della Sardegna.

Un vero e proprio disegno di sdemanializzazione portato avanti in un clima di silenzio politico generale estremamente opaco, da un lato frutto di banale ignoranza (quanti dei legislatori regionali sanno davvero che cosa sono gli usi civici?) e dall’altro teso a celare i reali interessi favoriti.

Non è servita quale indirizzo (e lezione) la sentenza della Corte costituzionale n. 210/2014 che fermato l’analoga operazione di svendita dei demani civici prevista dalla legge regionale n. 19 del 2013.

Il nuovo Editto delle Chiudende.

 “Tancas serradas a muru

Fattas a s’afferra afferra

Si su chelu fit in terra

L’aiant serradu puru” (Melchiorre Murenu)

I versi ottocenteschi di Melchiorre Murenu sono purtroppo ancora attuali, in questo 2016.

Aveva iniziato la Giunta regionale, con il disegno di legge n. 297/S/A del 2016 (legge regionale finanziaria 2016), prevedendo (art. 3, commi 20°, 21° e 22°)[1] la riapertura per due anni dei termini per la sclassificazione (cioè sdemanializzazione) di terreni appartenenti ai demani civici su richiesta dei rispettivi Comuni e ampliando la possibilità di sdemanializzazione anche ai terreni già trasformati a fini industriali, come, per esempio, l’inquinante bacino dei fanghi rossi dell’Eurallumina s.p.a. di Portovesme (CI), al centro dell’obsoleto progetto di riconversione industriale basato su una nuova centrale a carbone.

Aveva rincarato la dose una pattuglia di consiglieri regionali: nella seduta consiliare del 23 marzo 2016 veniva presentato l’emendamento n. 519 [2] a firma degli onorevoli Piermario Manca (Partito dei Sardi), Rossella Pinna (P.D.), Augusto Cherchi (Partito dei Sardi), Gianfranco Congiu (Partito dei Sardi), Alessandro Unali (Rifondazione-Comunisti Italiani-Sinistra Sarda), Anna Maria Busia (Centro Democratico), Roberto Desini (Centro Democratico), Gianmario Tendas (P.D.) e Daniela Forma (P.D.) finalizzato a eliminare i vincoli temporali (un anno, portato a due anni dall’entrata in vigore della legge o dalla pubblicazione sul B.U.R.A.S. del provvedimento di accertamento demaniale con il disegno di legge n. 297/S/A) per la proposizione delle richieste di sdemanializzazione da parte dei Comuni alla Regione autonoma della Sardegna (abrogazione dell’art. 2 della legge regionale n. 18/1996).

In pratica, con tali disposizioni volute dal centro-sinistra sardo con in prima fila gli identitari del Partito dei Sardi, sarebbe stato sempre possibile depredare i demani civici dei Comuni sardi dopo occupazioni illecite e vendite non autorizzate.

Nel testo definitivo della legge regionale11 aprile 2016, n. 5 l’emendamento – fortunatamente – non compare, ma dal cappello a cilindro degli interessi elettoralistici locali son saltati fuori le sdemanializzazione ad civitatem con tanto di specifici mappali dei terreni a uso civico di Irgoli (NU), già destinati ad agricoltori fin dagli anni ’50 del secolo scorso è già affrancabili, senza tante difficoltà, attraverso l’istituto della legittimazione (art. 9 della legge n. 1766/1927 e s.m.i.), e dei terreni a uso civico di Orosei (NU), situazione complessa ma risolvibile ben più equamente attraverso il trasferimento dei diritti di uso civico su altri terreni comunali di rilevante valore ambientale (es. la costa di Bidderosa, macchia mediterranea di Badde Ortos e Monte Nieddu).

Questi il testo approvato definitivamente:

Art. 4 – Disposizioni nel settore ambientale e del territorio

– omissis –

  1. I termini di cui all’articolo 2 della legge regionale 4 aprile 1996, n. 18 (Integrazioni e modifiche alla legge regionale 14 marzo 1994, n. 12 “Norme in materia di usi civici. Modifiche alla legge regionale 7 gennaio 1977, n. 1, concernente l’organizzazione amministrativa della Regione sarda”), sono riaperti per la durata di due anni decorrenti dall’entrata in vigore della presente legge o, se successiva, dalla pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (BURAS) della determinazione con cui si provvede ad accertare la sussistenza e la tipologia degli usi civici nei territori dei comuni per i quali non esista ancora un provvedimento formale di accertamento.
  2. Alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 18 bis della legge regionale 14 marzo 1994, n. 12 (Norme in materia di usi civici. Modifica della legge regionale 7 gennaio 1977, n. 1, concernente l’organizzazione amministrativa della Regione sarda), è aggiunto, alla fine, il seguente periodo: “o siano stati già adibiti, alla data di entrata in vigore della presente legge, alla localizzazione di insediamenti produttivi nelle aree a ciò destinate all’interno delle delimitazioni dei consorzi industriali“.
  3. I terreni siti in agro di Irgoli, distinti nel catasto terreni al foglio 14, particella 8, foglio 17, particella 1, foglio 18, particelle 2, 3, 4, 5 e 6, foglio 19, particelle 1, 2 e 4, foglio 20, particelle 3, 4, 5, 6, 8, 11, 12, 13, 39 e 41, foglio 28, particella 8, per i quali è stata riconosciuta la perdita della destinazione funzionale originaria di terreni boschivi o pascolativi con verbale dell’Argea – Servizio territoriale del nuorese del 15 aprile 2008, costituiscono oggetto di sclassificazione del regime demaniale di uso civico.
  4. La disposizione di cui al comma 26 si applica ai terreni siti nel Comune di Orosei che hanno perso l’originaria destinazione di uso civico, identificati catastalmente ai fogli 4, 7, 8, 9, 12, 34, 35, 38, 28, 30, 43, 16, 10, 11, 41. Le cessazioni degli usi civici hanno efficacia dalla data degli atti o provvedimenti ovvero, se precedenti, dalle date indicate negli atti o provvedimenti dalla data in cui è venuta meno la destinazione funzionale degli usi civici.

Un testo che si presta a fondati dubbi di legittimità costituzionale, come abbiamo visto.

Ma l’offensiva istituzionale contro i diritti delle Collettività locali non è finita qui.

Con la proposta di legge regionale n. 316 del 7 aprile 2016 i consiglieri Luigi Lotto (P.D.), Luigi Crisponi (Riformatori Sardi), Gaetano Ledda (U.P.C.), Marco Tedde (F.I.), Mario Carta (P.S.d’Az.), Giampietro Comandini (P.D.), Antonio Gaia (U.P.C.), Piermario Manca (Partito dei Sardi), Cesare Moriconi (P.D.), Gianluigi Rubiu (U.D.C.), Gianmario Tendas (P.D.), Lorenzo Cozzolino (P.D.), Ugo Cappellacci (F.I.), in gran parte componenti della V Commissione consiliare permanente “attività produttive”, puntano ad abolire qualsiasi limite temporale per la sdemanializzazione dei terreni a uso civico.

Per non far mancare nulla, il consigliere ogliastrino Francesco Sabatini (P.D.), con la sua proposta di legge regionale n. 312 del 31 marzo 2016, vuol riportare in auge lo straordinario accertamento dei demani civici a iniziativa dei Comuni, evitando la bocciatura già della sentenza della Corte costituzionale n. 210/2014 con il coinvolgimento dei Ministeri dell’Ambiente e dei Beni e Attività Culturali prima dell’approvazione definitiva regionale.

Una svendita permanente, senza nessuna vergogna. Un nuovo Editto delle Chiudende, portato avanti anche  da chi si erge a difensore degli ideali identitari e indipendentisti alla faccia delle identità e del patrimonio delle Collettività locali.

Qual è la situazione dei demani civici in Sardegna?

I nostri legislatori regionali si sono in gran parte distinti nel tempo per il disinteresse verso la salvaguardia dei demani civici e dei diritti di uso civico delle Collettività locali.

L’attuale legislatura non ha alcuna differenza con quelle passate.

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus aveva rivolto (21 ottobre 2015) una puntuale istanza al Presidente della Regione autonoma della Sardegna Francesco Pigliaru, all’Assessore regionale dell’agricoltura Elisabetta Falchi e al Direttore generale del medesimo Assessorato perché provvedessero a dar corso ai procedimenti di accertamento dei diritti di uso civico e dei demani civici in ben 120 territori comunali, nonché diano corpo agli interventi regionali sostitutivi previsti dalla legge (art. 22 della legge regionale n. 12/1994 e s.m.i.) per il recupero di terreni a uso civico illegittimamente occupati da privati nei tantissimi casi di inerzia dei Comuni interessati.

Coinvolti, per opportuna informazione, il Commissario per gli usi civici per la Sardegna, il Procuratore regionale della Corte dei conti per la Sardegna, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari.

I terreni a uso civico e i demani civici (legge n. 1766/1927 e s.m.i., regio decreto n. 332/1928 e s.m.i., legge regionale n. 12/1994 e s.m.i.) costituiscono un patrimonio di grandissimo rilievo per le Collettività locali in Sardegna, sia sotto il profilo economico-sociale che per gli aspetti di salvaguardia ambientale, che si rivelerà – al termine delle operazioni di accertamento previste dalla legge – interessante con probabilità circa un quinto del territorio isolano, circa 400 mila ettari.

In troppe occasioni si è tentato di promuovere assurde operazioni di sdemanializzazione, anche in via legislativa, veri e propri nuovi Editti delle Chiudende, sempre avversati dal Gruppo d’Intervento Giuridico onlus, l’ultima delle quali (la legge regionale Sardegna n. 19/2013) è stata duramente bocciata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 210/2014.

Gli accertamenti dei demani civici “scomparsi”.

Le operazioni di accertamento dei demani civici concluse all’aprile 2012 hanno già riguardato finora ben 236 Comuni sui 377 della Sardegna e costituiscono l’Inventario generale delle Terre civiche, previsto dagli artt. 6-7 della legge regionale n. 12/1994 e s.m.i.

Secondo quanto riportato nell’interrogazione consiliare n. 309/A del  3 marzo 2015 dell’on. Oscar Cherchi (primo firmatario) e altri – tuttora senza risposta – in forza dell’appalto ‘Procedura aperta per l’affidamento del servizio relativo all’accertamento formale e/o all’inventario generale dei beni civici dei comuni della Regione autonoma della Sardegna’ concluso nell’aprile 2012, sarebbero disponibili i necessari atti per portare a compimento i procedimenti di dichiarazione dei diritti di uso civico e dei demani civici in ben 120 ulteriori Comuni della Sardegna (per 21 Comuni è stata accertata l’inesistenza di diritti di uso civico).

Però, a distanza di più di quattro anni, il competente Direttore del Servizio Attuazione misure agroambientali e Salvaguardia della biodiversità dell’Assessorato regionale dell’Agricoltura e Riforma Agro-Pastorale (dov’è incardinato il Settore Usi civici, competente in  materia) non ha provveduto per ragioni non conosciute, pur essendo l’attività in argomento chiaramente indicata come preminente nel Programma regionale di sviluppo 2014-2019 (4.10.1 Azione regionale di governo delle terre civiche), fondamentale atto di programmazione disposto dalla legge regionale n. 11/2006.

Il mancato utilizzo del risultato di appalti di servizi regolarmente collaudato e il cui corrispettivo sia stato liquidato senza comprovati motivi o cause di forza maggiore potrebbe concretare eventuali ipotesi di responsabilità per danno erariale (legge n. 20/1994 e s.m.i.).

Per giunta, alla data odierna, le cariche di Direttore del Servizio Attuazione misure agroambientali e Salvaguardia della biodiversità dell’Assessorato regionale dell’Agricoltura e Riforma Agro-Pastorale e di Direttore del Settore Usi civici risultano vacanti, mentre – secondo la citata interrogazione consiliare n. 309/A – sarebbe stato costituito un non meglio precisato “gruppo di lavoro” non formalizzato con componenti e compiti non conosciuti.

A pensar male si farà pure peccato, ma non ci vuol molto a immaginare una nuova operazione di accertamento, magari annacquato, magari con incarichi affidati a soggetti dei consueti entourages universitari con conseguente esborso di parecchi soldi pubblici     Preludio dell’ennesima depredazione ai danni dei demani civici.

Speriamo proprio che non accada, ma si tratta di ipotesi tutt’altro che campate per aria.

I recuperi dei terreni occupati illegittimamente da privati e le operazioni di riordino dei demani civici.

Sono, poi, tantissimi i casi di terreni a uso civico illegittimamente occupati da privati, da Portoscuso a Orosei, da Carloforte a Nuoro, a Posada, a Siniscola, a Villagrande Strisaili, a Villacidro, a Lotzorai  (paese d’origine dell’on. Sabatini), a tanti altri Comuni.     L’art. 22 della legge regionale n. 12/1994 e s.m.i.[3] prevede l’obbligo di recupero dei terreni a uso civico illegittimamente occupati a carico dei Comuni e, in caso di inerzia, con intervento sostitutivo regionale: pur essendo ben note tali situazioni negli atti dell’Inventario generale delle Terre civiche, non si è a conoscenza di eventuali interventi in via sostitutiva da parte della Regione autonoma della Sardegna in alcuno dei numerosissimi casi di inerzia da parte dei Comuni interessati. 

É ora di farlo.

Davanti a situazioni di avvenuta edificazione di residenze in buona fede e di conseguente radicale trasformazione di terreni a uso civico la soluzione equa sul piano giuridico è, poi, data dal trasferimento dei diritti di uso civico (art. 18 ter della legge regionale n. 12/1994 e s.m.i., come inserito dall’art. 19, comma 3, della legge regionale n. 3/2003) su altri terreni di proprietà comunale di sensibile valore ambientale. In questo modo si possono tutelare gli interessi della collettività locale al mantenimento del demanio civico (che – è bene ricordare – è un diritto in capo a tutti i cittadini e non al Comune) e si può venir incontro alle esigenze dei cittadini che hanno edificato senza colpa su terreni che presumevano propri.

Riguardo, invece, i tanti coltivatori diretti che da lunghi anni praticano l’agricoltura su terreni a uso civico può operare l’istituto della legittimazione (art. 9 della legge n. 1766/1927 e s.m.i.).

Come si vede, a legislazione vigente, tantissime situazioni “difficili” possono essere risolte senza “pasticci” di ogni genere, se davvero c’è la volontà di farlo.

Sarebbe bene che vi fosse anche la volontà di procedere a un’altra fondamentale operazione: il recupero di centinaia, forse migliaia di ettari di terreni appartenenti ai demani civici occupati illecitamente in tante località costiere e dell’interno dell’Isola.

Farebbe bene all’ambiente, alla legalità e alla civile convivenza sociale in tanti centri della Sardegna.

I diritti di uso civico e i demani civici, un grande patrimonio per la Sardegna. 

Gli usi civici e gli altri diritti d’uso collettivi sono in generale diritti spettanti a una collettività, che può essere o meno organizzata in una persona giuridica pubblica (es. università agraria, regole, comunità, ecc.) a sé stante, ma comunque concorrente a formare l’elemento costitutivo di un Comune o di altra persona giuridica pubblica: l’esercizio dei diritti spetta uti cives ai singoli membri che compongono detta collettività.

Gli elementi comuni a tutti i diritti di uso civico sono stati individuati in:

– esercizio di un determinato diritto di godimento su di un bene fondiario;

– titolarità del diritto di godimento per una collettività stanziata su un determinato territorio;

– fruizione dello specifico diritto per soddisfare bisogni essenziali e primari dei singoli componenti della collettività.

L’uso consente, quindi, il soddisfacimento di bisogni essenziali ed elementari in rapporto alle specifiche utilità che la terra gravata dall’uso civico può dare: vi sono, così, i diritti di uso civico di legnatico, di erbatico, di fungatico, di macchiatico, di pesca, di bacchiatico, ecc.      

Quindi l’uso civico consiste nel godimento a favore della collettività locale e non di un singolo individuo o di singoli che la compongono, i quali, tuttavia, hanno diritti d’uso in quanto appartenenti alla medesima collettività che ne è titolare.

Dopo la legge n. 431/1985 (la nota Legge Galasso), i demani civici hanno anche acquisito una funzione di tutela ambientale (riconosciuta più volte dalla giurisprudenza[4]).   

Questa funzione è importantissima, basti pensare che i demani civici si estendono su oltre 5 milioni di ettari in tutta Italia (un terzo dei boschi nazionali), mentre i provvedimenti di accertamento regionali stanno portando la percentuale del territorio sardo rientrante in essi a quasi il 20% (circa 400.000 ettari).

Molte normative regionali, così come anche la legge regionale sarda n. 12/1994 e s.m.i., vi hanno aggiunto alcune nuove “fruizioni” (es. turistiche), ma sempre salvaguardando il fondamentale interesse della collettività locale.   In particolare sono rimasti invariate le caratteristiche fondamentali dei diritti di uso civico.                  

Essi sono inalienabili (art. 12 della legge n. 1766/1927), inusucapibili ed imprescrittibili (artt. 2 e 9 della legge n. 1766/1927): “intesi come i diritti delle collettività sarde ad utilizzare beni immobili comunali e privati, rispettando i valori ambientali e le risorse naturali, appartengono ai cittadini residenti nel Comune nella cui circoscrizione sono ubicati gli immobili soggetti all’uso” (art. 2 legge regionale n. 12/1994).                

Ogni atto di disposizione che comporti ablazione o che comunque incida su diritti di uso civico può essere adottato dalla pubblica amministrazione competente soltanto verso corrispettivo di un indennizzo da corrispondere alla collettività titolare del diritto medesimo e destinato ad opere permanenti di interesse pubblico generale (art. 3 della legge regionale n. 12/1994).

Con il decreto Assessore Agricoltura R.A.S. n. 953/DEC A 53 del 31 luglio 2013, previa deliberazione Giunta regionale n. 21/6 del 5 giugno 2013, sono stati dati gli indirizzi interpretativi per i procedimenti relativi alla gestione dei diritti di uso civico e dei demani civici.

Infine, con l’approvazione regionale degli strumenti previsti (regolamento per la gestione, piano di recupero e gestione delle terre civiche) è, così, possibile tutelare efficacemente il demanio civico e svolgere tutte quelle operazioni (permute, recuperi, sdemanializzazioni, trasferimenti di diritti, ecc.) finalizzate a ricondurre a corretta e legittima gestione una vera e propria cassaforte di natura della comunità locale.

Azioni ecologiste per la difesa dei demani civici.

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus esprime forte soddisfazione per l’iniziativa del Governo nazionale dell’impugnazione delle norme eversive dei diritti di uso civico davanti alla Corte costituzionale.

Ma la risposta sul piano giuridico è stata ampia: oltre alla segnalazione al Governo dell’opportunità di ricorso alla Corte costituzionale (accolta), nell’aprile scorso è stata rivolta una nuova documentata istanza al Presidente della Regione autonoma della Sardegna Francesco Pigliaru, all’Assessore regionale dell’agricoltura Elisabetta Falchi e al Direttore generale del medesimo Assessorato perché provvedano a dar corso ai procedimenti di accertamento dei diritti di uso civico e dei demani civici in ben 120 territori comunali, nonché a porre in essere gli interventi regionali sostitutivi previsti dalla legge (art. 22 della legge regionale n. 12/1994 e s.m.i.) per il recupero di terreni a uso civico illegittimamente occupati da privati nei tantissimi casi di inerzia dei Comuni interessati.

Sono stati, inoltre, coinvolti per le rispettive competenze di legge il Commissario per gli usi civici per la Sardegna, il Procuratore regionale della Corte dei conti per la Sardegna, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari.

I demani civici della Sardegna rappresentano un quinto dell’Isola, un patrimonio meritevole di efficace tutela e di accorta gestione ambientale, non certo di bardane legalizzate a posteriori o dei soliti lucrosi incarichi a beneficio di pochi più o meno esperti.

Non sarebbe ora di voltare definitivamente pagina?

Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico onlus

______________________

[1]                                                                                        “Art. 3

– omissis –

  1. I termini di cui all’articolo 2 della legge regionale 4 aprile 1996, n. 18 (Integrazioni e modifiche alla legge regionale 14 marzo 1994, n. 12 ‘Norme in materia di usi civici. Modifiche alla legge regionale 7 gennaio 1977, n. 1, concernente l’organizzazione amministrativa della Regione sarda’), sono riaperti per la durata di due anni decorrenti dall’entrata in vigore della presente legge o, se successiva, dalla pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (BURAS) della determinazione con cui si provvede ad accertare la sussistenza e la tipologia degli usi civici nei territori dei comuni per i quali non esista ancora un provvedimento formale di accertamento.
  2. Alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 18 bis della legge regionale 14 marzo 1994, n. 12 (Norme in materia di usi civici. Modifica della legge regionale 7 gennaio 1977, n. 1, concernente l’organizzazione amministrativa della Regione sarda), è aggiunto, alla fine, il seguente periodo: “o siano stati già adibiti, alla data di entrata in vigore della presente legge, alla localizzazione di insediamenti produttivi nelle aree a ciò destinate all’interno delle delimitazioni dei consorzi industriali”.
  3. I terreni siti in agro di Irgoli, distinti nel catasto terreni al foglio 14, particella 8, foglio 17, particella 1, foglio 18, particelle 2, 3, 4, 5 e 6, foglio 19, particelle 1, 2 e 4, foglio 20, particelle 3, 4, 5, 6, 8, 11, 12, 13, 39 e 41, foglio 28, particella 8, per i quali è stata riconosciuta la perdita della destinazione funzionale originaria di terreni boschivi o pascolativi con verbale dell’Argea – Servizio territoriale del nuorese del 15 aprile 2008, costituiscono oggetto di sclassificazione del regime demaniale di uso civico”.

[2] “L’art. 2 della Legge regionale 4 aprile 1996, n. 18 (Integrazioni e modifiche alla legge regionale 14 marzo 1994, n. 12 ‘Norme in materia di usi civici. Modifiche alla legge regionale 7 gennaio 1977, n. 1, concernente l’organizzazione amministrativa della Regione sarda’) è abrogato”.

[3]                                                       Art.22 – Recupero dei terreni civici

  1. Entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge i Comuni devono promuovere le azioni necessarie per il recupero dei terreni comunali ad uso civico, il cui accertamento sia già avvenuto con decreto dell’organo competente, che risultino abusivamente occupati o detenuti senza titolo valido.
  2. In difetto vi provvede, su proposta dell’Assessore regionale dell’agricoltura e riforma agro – pastorale, la Giunta regionale mediante la nomina di un commissario ad acta.

[4] vds. sentenze Corte cost. n. 345/1997, n. 46/1995 e ordinanze Corte cost. nn. 71/1999, 316/1998, 158/1998, 133/1993.  Vds.. anche Cass. civ., SS.UU., 12 dicembre 1995, n. 12719; Cass. pen., Sez. III, 29 maggio 1992, n. 6537.

(Articolo pubblicato con questo titolo il 17 giugno 2016 sul sito del Gruppo d’Intervento Giuridico Onlus)

 

 

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